Dopo le elezioni regionali in Italia, con il massimo delle astensioni, i dipendenti pubblici hanno poco da sperare per quanto riguarda i loro trattamenti economici, sempre al di sotto di quelli europei e insufficienti per l’aumentato costo della vita. Infatti, nessuna risorsa è stata prevista per i prossimi rinnovi contrattuali, tranne i pochi spiccioli della indennità di vacanza contrattuale che saranno corrisposti alla fine di questo mese di aprile.
Ciò avverrà per effetto delle norme vigenti che stabiliscono che tale indennità pari al 30% dell’inflazione programmata venga corrisposta automaticamente dopo tre mesi dalla scadenza dei contratti e al 50% dopo altri tre mesi. Quindi, tenuto conto che per l’anno 2010 il tasso di inflazione programmata é dell’1,5 %, le suddette percentuali dovranno essere calcolate sugli importi relativi agli stipendi tabellari mensili delle singole qualifiche. Basta fare un po’ di conti per avere l’amara delusione che le somme da percepire sono una misera elemosina, che sicuramente non favorisce il miglioramento delle attuali disagiate condizioni economiche dei lavoratori e che sarebbe opportuno rimandare al mittente. Da precisare inoltre che, in base ad un accordo tra le parti datoriali e quelli sindacali, sia la vacanza contrattuale che l’inflazione programmata vengono a cessare, prevedendosi in sostituzione un eventuale indennità da definire in sede pattizia nel caso di mancato rinnovo dei CCNL alle date prefissate, evento questo che ci auguriamo possa essere scongiurato anche se non sono del tutto rassicuranti le recenti comunicazioni della Ragioneria Generale dello Stato, che esclude al momento per mancanza di fondi qualsiasi possibilità di negoziazione. Nella speranza che tale nefasta ipotesi possa essere smentita, confidiamo nelle ripetute dichiarazioni del Governo che ha promesso di reperire al più presto le necessarie risorse, anche se in misura ridotta data la crisi globale che stiamo attraversando. Di ciò siamo più che mai consapevoli, però non possiamo fare a meno di obiettare che a farne le spese non debbono essere soltanto i lavoratori, il cui unico mezzo di sostentamento è la retribuzione quasi sempre non adeguata all’incalzante costo della vita, tanto da non potere arrivare alla fine del mese, ma che tali sacrifici debbono essere ripartiti in maniera equa tra tutti i cittadini sulla base dei loro effettivi redditi.