La Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n.7154 del 25 marzo 2010, ha finalmente scritto la parola fine ad un’annosa vertenza, promossa dalla nostra Federazione, per il tramite dei Coordinamenti aziendali e delle rispettive strutture facenti capo alle Sezioni dei dipendenti in pensione, relativa alla computabilità, nella base di calcolo della prestazione integrativa erogata a carico del Fondo interno di previdenza del 1969, degli emolumenti “fissi e continuativi” percepiti in aggiunta alle voci stipendiali.
Ci si riferisce, in particolare, all’indennità di funzione ex art. 15, comma 2, della legge n. 88/1989 ed al salario di professionalità, poi denominato assegno di garanzia della retribuzione, che – in base alla predetta sentenza – dovranno essere computate nel calcolo della pensione integrativa (per gli iscritti al Fondo del 1969) che, com’è noto, sono state calcolate alla data di cessazione del Fondo (30 settembre 1999).
La vertenza ebbe inizio a seguito di alcuni ricorsi promossi da ex dipendenti che rivendicavano, all’atto della cessazione dal servizio, il computo di tutti gli emolumenti considerati “fissi e continuativi” nel trattamento di fine servizio (o liquidazione che dir si voglia), alla stregua di quanto vige per il trattamento di fine servizio ai Dirigenti.
Dopo alcune pronunce favorevoli c’è stato un diverso orientamento della Magistratura che, mentre ha negato il diritto al computo nel TFS delle predette voci ha, invece, ritenuto di doverle riconoscere nel calcolo del trattamento integrativo previsto per i Lavoratori iscritti al Fondo del 1969.
A seguito degli appelli promossi dalle Amministrazioni degli Enti e difformi pronunce intervenute è stato necessario ricorrere alle Sezioni Unite della Suprema Corte che, appunto, con la suddetta sentenza ha definitivamente deciso sulla vexata quaestio.
A fronte di tale pronunciamento gli Enti hanno rimesso la questione ai Ministeri vigilanti comunicando che, salvo diverso (e motivato) avviso provvederanno al riconoscimento degli emolumenti in questione e, per il personale cessato che ne abbia fatto, ovvero ne faccia richiesta, nei limiti del quinquennio antecedente il primo atto interruttivo mentre nel caso di giudizi di I e II grado instaurati ma non ancora definiti, proporranno ai ricorrenti l’abbandono degli stessi a fronte del riconoscimento degli emolumenti in questione, previa rinuncia al rimborso delle spese legali già sostenute.
Ora, a parte un ragionevole dubbio sulla rinuncia al rimborso delle spese legali per i dipendenti che hanno promosso i ricorsi poi pienamente riconosciuti dalla Magistratura e l’auspicio di un ripensamento degli Enti, mi sembra una soluzione ragionevole per chiudere una vertenza che si è protratta a lungo anche per l’ostinazione, a volte incomprensibile, di alcune Amministrazioni.
Ma, a proposito del Fondo 1969, non finisce qui : un’altra importante e lunga vertenza si chiude positivamente dopo le numerose pronunce emesse dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione.
Mi riferisco all’abolizione del prelievo forzoso, nei confronti dei Lavoratori ancora in servizio, del contributo di solidarietà del 2% applicato, ai sensi dell’articolo 64, comma 5, della legge 17 maggio 1999, n. 144 sulla prestazione integrativa maturata alla data di soppressione del Fondo stesso (1° ottobre 1999).
In concreto, la nostra Federazione, dopo aver inutilmente e insistentemente sostenuto l’illegittimità della trattenuta, considerato un odioso balzello, nei confronti degli Enti e dei Ministeri vigilanti, ha dovuto patrocinare i ricorsi alla Magistratura per far cessare tale trattenuta, si badi bene, non sulla prestazione in godimento, in quanto riferita al Personale ancora in servizio, ma su quella semplicemente calcolata (e non ancora goduta) all’atto della cessazione del Fondo.
Anche per questa annosa vertenza, dopo le numerose pronunce che hanno definitivamente affermato l’illegittimità della trattenuta al Personale ancora in servizio, le Amministrazioni resistenti hanno finalmente deciso di restituire il “mal tolto”, sia ai ricorrenti che a coloro che hanno chiesto o chiederanno la restituzione, entro i limiti della prescrizione quinquennale.
Finalmente giustizia è fatta e non possiamo non esprimere soddisfazione su questa vertenza che, lo voglio ricordare, fu avviata anche a dispetto dei santi (o meglio dei santoni), ovverossia di alcune sigle sindacali che gridarono allo scandalo ed emisero una vera e propria condanna morale per l’iniziativa legale assunta a difesa di un sacrosanto diritto e nonostante il tentativo di qualche altra sigla che, sfrontatamente, ha provato ad ascriversi il merito del risultato.