Come una Cenerentola, confinata tra i fumi delle cucine e le ramazze, un settore lavorativo come quello domestico, fortemente segmentato e di importanza vitale per la conciliazione dei tempi di lavoro e di vita per milioni di famiglie italiane, nell’epoca del Covid-19 rischia ancora una volta di restare in ombra.
Il welfare state italiano non è mai stato generoso con tutte le attività di cura, che ruotano intorno al ciclo di vita della famiglia. Dalla nascita dei figli all’assistenza di anziani e malati, solo l’equilibrismo, di cui ad oggi ha dato prova l’azienda famiglia, ha consentito di fare fronte ad una emergenza senza precedenti.
Qualche segnale di attenzione maggiore sembra dare il Dl Rilancio, con il quale vengono riconosciuti ai lavoratori domestici, danneggiati dal Covid-19, una giusta indennità economica, il contributo per le famiglie per assistere i figli minori, a fronte della chiusura delle scuole, il bonus babysitter anche per i centri estivi.
Tra i problemi più gravi e certamente non nuovi, il lavoro irregolare costituisce l’area dove più incisiva deve essere l’azione politica ed amministrativa. Avere contezza della situazione anche sanitaria di badanti, colf e babysitter è un presupposto al momento necessario per contenere la trasmissione del virus. Solo con l’emersione del lavoro irregolare in tale ambito lavorativo sarà possibile proteggere tanto gli operatori quanto le persone e le famiglie assistite.
Su questa linea si è mossa la possibilità di regolarizzare entro il 15 agosto i domestici italiani senza contratto, a fronte di un contributo una tantum, nonché quella prevista per i domestici stranieri. Alla luce di tali premesse, non sono confortanti i dati che l’Osservatorio dell’Inps sui Lavoratori Domestici ha pubblicato a giugno.
Nel 2019 il numero dei lavoratori domestici regolarmente assunti è calato dell’1,8 % rispetto all’anno precedente. Dall’ultima sanatoria del 2012, quando il totale dei rapporti di lavoro ammontava a 1,01 milioni, si sono persi moltissimi posti di lavoro, il 19,4% degli attuali ovvero 1 lavoratore su 5. Da quasi un decennio si è ormai instaurato un trend negativo, di fatto strutturale, che deve far riflettere sul fatto che ciò significa un aumento del lavoro nero, il quale supera il 60% del totale. Ormai vi sono più di 1,2 milioni di lavoratori invisibili. Si tratta di un dato allarmante, che testimonia l’assenza di attenzione e di politiche efficaci e di lungo respiro nei riguardi di un settore strategico e sensibile non meno di altri, perché tocca il cuore della vita quotidiana delle persone.
I dati Inps ci restituiscono un altro trend ovvero il progressivo ritorno delle lavoratrici italiane, che sono aumentate del 5,4% nel triennio 2017-2019 a fronte del continuo calare dei lavoratori stranieri, che costituiscono comunque il 70,3% del totale. Ad oggi sono venuti meno un 1 lavoratore straniero su 3.
La composizione per genere evidenzia una netta prevalenza di femmine, il cui peso sul totale è aumentato nel corso del tempo e nel 2019 ha raggiunto il valore massimo degli ultimi sei anni pari all’88,7% sul totale.
di Rosaria Russo