Prescindiamo da ogni considerazione o giudizio sul merito della riforma governativa del mercato del lavoro, se cioè se esso sarà dinamico, flessibile e inclusivo, come afferma il Presidente del Consiglio; fermiamoci al metodo del confronto usato dall’Esecutivo dei professori nel maldestro tentativo di mantenere la coesione sociale sulla materia e… mettiamola in termini calcistici.
Nel campionato invernale per la crescita, la partita concertativa finale tra Governo e Parti sociali si é conclusa zero a zero, ma ha visto solo crescere di parecchi punti il deficit di democrazia e di libertà, già purtroppo esistente nelle relazioni sindacali del nostro Paese, come ha di recente denunciato la CISAL alle forze parlamentari; in altre parole, ha perso l’Italia.
La concertazione è stata forzata al livello di totale interdizione di ogni forma di contatto tra Governo e organismi esponenziali d’interessi collettivi diversi dal monopolio CGIL/CISL/UIL (l’appendice UGL ha solo un fine strumentale) che occupa il potere negoziale nel mondo del lavoro.
La trattativa “prenditempo” del Governo con la triplice sindacale – condotta con le note liturgie, così tanto italiane, d’incontri notturni o da salotto riservato e la relativa coorte di propaganda mediatica in attesa al portone – si è contraddistinta per l’uso spregiudicato del potere discrezionale della controparte dei lavoratori, di scegliere con chi di loro mettersi al confronto.
Un livello di segregazione e di esclusivismo nell’ammissibilità alla trattativa in zona franca governativa mai raggiunta dai precedenti Esecutivi, non andati oltre all’accordo sindacale “con chi ci sta” coltivato con successo dall’ex Ministro del Lavoro Sacconi.
Questa volta é stata pregiudizialmente chiusa la porta in faccia al Sindacalismo Autonomo, con un comportamento che ha trasferito una funzione di Governo, transitoria e di emergenza, dall’area tecnica a quella della peggiore sotto-politica consociativa, proprio nella missione riformatrice del mercato del lavoro, che doveva essere sostenuta dalla maggiore unità possibile dei lavoratori e non da una loro scaltra e sleale divisione.
Ha vinto, anzi stravinto – sia pure con una vittoria di Pirro – la concertazione confederale discriminatoria, al di là di ogni pessimistica previsione sulla schiettezza dell’intendimento, dichiarato e appena abbozzato, all’atto del suo insediamento dal Presidente del Consiglio, di aprire un confronto con “tutte” le realtà portatrici di istanze diffuse, nel segno delle liberalizzazioni.
Non é il Governo – oltretutto – il datore di lavoro dei dipendenti pubblici?
Proprio per questo, abbiamo il dovere di denunciare la discriminazione sindacale, perpetrata dal Governo tecnico, come un temibilissimo campanello di allarme, oltre che un pessimo esempio di etica professorale, di significato invece squisitamente politico.
L’esclusione operata nei confronti dei Sindacati Autonomi non potrebbe, allora, essere il segno premonitore di una latente volontà politica di abrogare il sistema della rappresentatività sindacale nel pubblico impiego, perché ritenuta troppo garantistica?
In ogni caso, tale esclusione si é tradotta nel favoritismo ufficializzato concesso dall’Esecutivo alla triplice CGIL/CISL/UIL, che é stata riconosciuta la sola controparte di pura razza sindacale.
Tutto ciò indipendentemente da ogni censura sul piano della legalità, per la condotta antisindacale del Governo, sanzionabile con l’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori.
Per non parlare del dispregio – degno del più sprovveduto professore giuslavorista – della rappresentatività sindacale unitaria e proporzionale, prevista dalla nostra Costituzione a salvaguardia della partecipazione di tutti i lavoratori alla formazione della volontà contrattuale.
Altro che concertazione a sostegno della coesione sociale!
Una vittoria di Pirro, abbiamo detto all’inizio ed così poiché, a conclusione della partita concertativa, si può incontestabilmente affermare, come facciamo:
– sono false le dichiarazioni del Governo che ” tutte le parti sociali sono state rappresentate al tavolo della trattativa” e “tutte le parti” hanno acconsentito alle modifiche dell’articolo 18, ad eccezione della CGIL;
– la CGIL stessa ha ottenuto soltanto che Monti non sottoscrivesse un’intesa separata con CISL e UIL, intesa comunque “verbalizzata” e pertanto, non risponde a verità che, dal punto di vista del metodo, Monti ha archiviato la concertazione vecchio stile e “ha tolto al sindacato la cedolina con il diritto di veto” dimostrando l’autonomia del Governo rispetto… sia pure alla sola frazione delle parti sociali da esso ammessa alla trattativa.
A tale ultimo proposito, molto umilmente, va ricordato al Presidente del Consiglio che, in occasione della riforma della scala mobile, il Governo Craxi – accordo di San Valentino del 14 febbraio 1984 – emanò un “decreto legge” nonostante il veto della GGIL.
Il ritiro della “cedolina” non è dunque, una conquista del Professor Monti, il quale ha invece regalato alla triplice un bel “cedolone” di riconoscimento della qualità di superiorità razziale, restringendo la concertazione ad un duetto per tenore e soprano, per di più andato in frantumi con… la perdita finale dell’accordo a due voci!
In materia di licenziamenti azzardiamo un’ipotesi di chiusura della vertenza, tanto per esorcizzare anche nel solo pensiero, un ritorno all’era della disperazione sociale e della protesta armata: la concertazione con la lobby monopolistica sindacale continuerà – a meno che il Parlamento non decida di porre fine alla discriminazione sindacale operata dal Governo dei professori – fino alla maturazione legislativa della modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, con la conferma in forma alternativa del ricorso al giudice contro i licenziamenti per motivi economici.
Un sistema “alla tedesca”, cioè una soluzione gattopardesca o “del Principe di Salina” (la definizione non é nostra), ma l’Europa non potrà dire di no!
L’Italia resterà un Paese a sovranità “internazionale” oltre che, purtroppo, a democrazia sempre più limitata e a libertà vigilata.