Il 14 ottobre 2020 Luca Visentini, il sindacalista italiano alla guida della Confederazione europea dei sindacati (Ces) in Bruxelles ha discusso delle proposte ambiziose, lanciate dalla Presidenza tedesca della Commissione Europea in un dibattito on line con l’Ambasciatore di Germania a Roma, Viktor Elbling, diffuso sui social network della rappresentanza diplomatica della Germania a Roma.
Quella che si prospetta nella presente temperie storica è un’occasione per ricostruire il modello sociale europeo basato sull’economia sociale di mercato.
Si tratta di un modello sociale invidiato nel mondo, attraverso il quale le libertà economiche si declinano con le libertà di stabilimento dei cittadini, in un mercato di oltre cinquecento milioni di abitanti.
Purtroppo, le politiche di austerità adottate con la grande crisi del 2009 hanno lasciato pesanti cicatrici nel modello sociale europeo, rendendo difficili anche le promesse di un ulteriore allargamento nei Balcani.
Mentre l’Unione Europea stava ricominciando a tessere le fila strappate dello stato sociale, dalla salute e sicurezza sui posti di lavoro alla creazione dell’Agenzia Europea per il lavoro, si è trovata ad affrontare l’emergenza della pandemia di Covid-19.
Attualmente, nell’Unione ci sono circa quarantacinque milioni di lavoratori “sospesi”, vale a dire che stanno beneficiando di sussidi. A costoro vanno aggiunti quindici milioni di disoccupati. Le Istituzioni Europee stanno, comunque, fronteggiando in maniera egregia la nuova crisi potenziando il FSE e stilando un quadro europeo per il reddito minimo, per salari minimi, per la protezione sociale in favore dei lavoratori stagionali. Ma sono diventati vitali per l’economia di molti paesi sia i cento miliardi di euro messi a disposizione dal SURE che il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).
Tali piani dell’Unione sono di certo molto ambiziosi, e vanno anche adattati alla realtà, per raggiungere una dimensione sociale ed una transizione giusta.
Per rilanciare il modello sociale di mercato il negoziato a ventisette con la Commissione ed il Parlamento Europeo non sarà certo facile. È sempre più necessario che le parti sociali interloquiscano con le Istituzioni UE.
A partire dall’ 1 Gennaio 2021, la Presidenza della Commissione passerà al Portogallo, che punta ad organizzare nella città di Porto un Summit Tripartito (ai sensi dell’Accordo Tripartito tra parti sociali e Unione europea).
Secondo i sindacati europei il SURE (acronimo di Support to mitigate Unemployment Risks in Emergency), una sorta di cassa integrazione europea, dovrà essere prorogata fino a quando sarà necessario, in quanto l’Unione ha di fronte almeno dieci mesi da coprire prima che i fondi del NextGenerationUE (ex Recovery Fund) possano essere sfruttati.
Cosa importante, che è venuta alla luce dal dibattito, è la necessità di stabilire standard minimi di protezione sociale a livello Europeo, in quanto c’è una situazione di totale squilibrio tra i sistemi di protezione sociale dei vari stati membri. Un’altra questione di rilievo è quella del cosiddetto “smart working”, o detto in maniera più precisa, lavoro da casa, il quale necessita dell’estensione delle tutele e dei diritti del lavoro in presenza; i lavoratori da casa devono avere tutte le garanzie per non rimetterci economicamente, psicologicamente e, soprattutto, nelle aspettative di carriera.
E, last but not least, l’eterno tema della formazione dei giovani, fondamentale per consentire loro di entrare nel mondo del lavoro ed affrontare una transizione giusta. Si tratta di aumentare la formazione per l’occupabilità eliminando le divergenze tra i diversi mercati del lavoro.
In alcune aree dell’Unione (Italia del Sud ed Est Europa) i lavoratori over-skilled, “troppo istruiti”, superspecializzati, ricevono salari bassi e non stabili alimentando la “fuga dei cervelli”, che paralizza la crescita di tali regioni.
di Carlo Marino