Riprende vita dopo 40 anni in un nuovo allestimento la splendida collezione Terrae Motus con 21 delle 72 opere che la compongono, che saranno esposte alla Reggia di Caserta. Da tempo la collezione, ideata dal gallerista napoletano Luca Amelio, non è visibile al pubblico ed è meritoria l’iniziativa che costituisce il primo passo per ricollocarla in ambienti più appropriati. L’oblio toccato in sorte a queste opere oggi riguarda anche il terribile sisma del 1980 e renderle nuovamente fruibili significa tornare a parlare di quegli eventi, che hanno segnato la storia della Campania e della Basilicata.
Luca Amelio è stato un grande protagonista della vita culturale di Napoli e del mercato dell’arte contemporanea internazionale, che fece della sua galleria in Piazza dei Martiri un luogo di dialogo tra il mondo partenopeo e quello più glamour americano ed europeo.
All’indomani del terremoto Amelio mobilitò artisti di fama internazionale e giovani emergenti, per realizzare opere intorno al tema della catastrofe provocata dal sisma, il cui ricavato sarebbe andato alle popolazioni dei comuni dell’Irpinia. Generosa fu la risposta di questa mobilitazione civile e sociale: oltre 60 artisti si misero in azione con più di cento opere.
Andy Warhol realizzò Fate Presto, riprendendo il drammatico titolo con cui il 26 novembre 1980 si aprì il giornale Il Mattino. Nei territori sconvolti dalla tragedia furono i giornalisti per primi a far percepire la reale portata del livello di devastazione, provocato da quei novanta interminabili secondi, che rasero al suolo interi comuni appenninici e spensero 3.000 vite. “Fate presto” era l’appello di coloro che furono testimoni della lentezza dei soccorsi, che giunsero in quelle terre spesso dopo 48 ore e prima di qualsiasi rappresentante delle istituzioni.
Warhol aveva un legame speciale con Napoli, nella quale ritrovava l’euforia e la decadenza di New York. Andy Warhol realizzò per il suo amico Amelio un gigantesco trittico, che mostra la prima pagina del giornale anche in versione bianco su bianco e nero su nero. L’opera diventò il manifesto dell’intera collezione che ebbe diverse tappe. Fu presentata nel 1983 a Boston, nella sua interezza per la prima volta poi a Villa Campolieto nel 1984, di seguito nel 1987 al Grand Palais di Parigi e nel 1993 alla Biennale di Venezia.
Keith Haring donò l’opera Senza Titolo dall’impattante cromatismo rosso e giallo, in cui tre giganteschi esseri, che hanno teste di animali, dilaniano le persone.
Robert Rauschenberg creò West-Go Ho (Glut), composizione di rifiuti della società dei consumi, in questo caso il metallo rosso della segnaletica stradale.
Joseph Beuys per Terremoto in Palazzo utilizzò mobili ed oggetti, cocci, vetri rotti, recuperati dai luoghi colpiti dal sisma. L’artista nella composizione attraverso un uovo in bilico predisposto su di uno strato piano, utilizzato per costruire botti, vuole ricordare che anche la tradizione non si fonda su solide basi, ma che da essa si può avviare la rinascita.
Il maestro della Transavanguardia Mimmo Paladino in Re uccisi al decadere della forza unisce simboli religiosi come la croce, il calice, la
corona di spine che alludono al sacrificio ed alla rinascita ad elementi tratti dalla natura e dalle culture primitive.
Michelangelo Pistoletto, Nino Longobardi, Barcelò, Mario Schifano, tanti gli artisti di questa collezione che potrà essere visitata permanentemente nei prossimi mesi dando effettiva realizzazione al testamento di Luca Amelio che donò nel 1993 Terrae Motus alla Reggia di Caserta, perché fosse sempre a disposizione della memoria e del pubblico.
di Rosaria Russo