18 maggio 2021: un altro grande italiano, a 76 anni, ci ha salutato lasciandoci orfani della sua grande arte: Franco Battiato. Nel tempo in cui è stato fra di noi ci ha regalato momenti indimenticabili con le sue canzoni, la sua musica, il suo pensiero, il suo essere artista a 360 gradi.
Nacque il 23 marzo del 1945 a Riposto, allora Ionia, in provincia di Catania ed è morto a Milo, nella sua villa alle falde dell’Etna, in cui si era ritirato, per riprendersi, assistito dai suoi familiari affettuosi, dalla brutta caduta che lo ha allontanato dalle scene nel 2018. La sua lunga assenza dalle luci della ribalta ha causato molte chiacchiere sulla sua salute, è stato detto persino che soffrisse di Alzheimer. Queste malignità, tipiche del mondo dello spettacolo, sono sempre state respinte dall’artista e dalla sua famiglia, e, nel 2019, ebbero un arresto con l’uscita del suo ultimo album: “Torneremo ancora”, in cui oltre alla nuova bellissima canzone Battiato ha voluto riunire quelle che sono stati i pezzi migliori e più celebri della sua storia musicale: “Povera Patria” “E ti vengo a cercare”, “I treni di Tozeur” fino al canto meraviglioso, coinvolgente, struggente de “La cura”, amato da tutti. Dal video si può notare un Battiato stanco, i giorni dolorosi avevano lasciato un segno nei suoi occhi, come sempre molto espressivi. Dopo è tornato ancora nel silenzio, ed è andato via in silenzio: quel silenzio che lui ha sempre amato, schivo caratterialmente, non si è mai sposato perché la sua empatia era troppo grande e rifuggiva le persone egoiste e insensibili.
“Torneremo ancora” è una canzone impregnata dal pensiero spirituale dell’artista, è poetica come le altre, ma la spiritualità ha una parte fondamentale. E’ mistica: Il primo verso comprende il suo pensiero in merito all’evolversi della vita:
“Un suono discende da molto lontano
assenza di tempo e di spazio
nulla si crea, tutto si trasforma
la luce sta nell’essere luminoso
irraggia il cosmo intero
cittadini del mondo cercano una terra senza confine
la vita non finisce e come sonno il sonno
la nascita è come il risveglio
finché non saremo liberi
torneremo ancora”.
La sua una spiritualità particolare, frutto di meditazione, interiorizzazione e studio. Non si definiva cristiano nell’accezione stretta del termine, ma, attratto fortemente dal cristianesimo.
Ha cantato per Papa Woytila, avrebbe voluto cantare per Bergoglio, anche se lo ha criticato per alcuni aspetti dottrinali. Intervistato dalla Gruber, aveva detto che ammirava Francesco perché ha ribaltato il Vaticano, ma lo criticava perché come Papa avrebbe dovuto conoscere meglio Dio, si occupa troppo delle cose terrene, troppo poco della dottrina, della parte spirituale. Ha dichiarato che avrebbe avuto piacere di cantare per Francesco perché avrebbe potuto consigliarlo, e ribaltare la situazione.
Nelle varie interviste da lui rilasciate c’è anche un video di Sky sulla storia della sua vita.
L’incontro con Giorgio Gaber ha segnato la svolta della sua carriera a Milano, in quel periodo cantava le canzoni siciliane, e Gaber gli diede il suo indirizzo, Battiato lo coadiuvò nella canzone che preparava per Sanremo e costituì con Ombretta Colli, la moglie di Gaber, il gruppo Ombretta Colli e gli Ambulanti. Fu di Giorgio Gaber l’idea di cambiare il suo nome, Francesco, in Franco.
Debuttò con la canzone “La Torre”. Da lì fu inarrestabile. Dal 1971 al 1978 sperimentò “l’avanguardia” un repertorio immortale, vari trionfi dell’Eurovision, collaborò con le cantanti Alice che cantò “I Treni di Tozeur”, la Giuni Russo del 1981 e la rossa Milva meravigliosa interprete nel 1982 di “Alexander Platz”. Peraltro, Milva ci ha lasciati un mese prima di Battiato, piangiamo anche lei. Negli anni ‘90 il successo con Morgan con “Gommalacca”, ma il brano più vello che tutti continuiamo ad amare è “La Cura” frutto del sodalizio con il filosofo Manlio Sgalambro.
Battiato è stato anche regista, con il suo film “Perduto Amor”, è il titolo di una canzone di Salvatore Adamo, Battiato diceva che questa canzone era primitiva, che con tre accordi riusciva a cristallizzare con parole semplici, dei sentimenti collettivi che ritroviamo come intatti. Nel 2014 un altro film documentario: “Attraversando il bardo (Sguardi sull’aldilà)”, in cui affrontava il tema della morte. Così lo commentava l’artista: “Tutti, più o meno, siamo prigionieri delle nostre abitudini, paure, illusioni. Le sofferenze dovrebbero indurci ad abbandonare l’ego, che chiude la strada del ritorno alla nostra natura divina”. Il “Bardo” è una transizione (questo è il significato della parola tibetana) dall’evento della nascita, al momento in cui ci si reincarna. Nel libro tibetano dei morti è spiegato dettagliatamente cosa accade dal momento della morte alla successiva rinascita.
Battiato ha sperimentato anche la pittura, amava raccontare che non era bravo a scuola, ma da adulto, si mise a provare e riprovare, testardo, come può esserlo solo un siciliano quando vuole fortemente qualcosa, finché non venne fuori la figura di un derviscio e lì, raccontò, fu orgasmo puro.
L’Etna, il giorno dopo il suo funerale, si è esibito in un’altra serie di eruzioni parossistiche che non si sono ancora chetate. Una bella coincidenza, mi piace pensare che abbia voluto salutare il suo sensibile, geniale figlio vulcanico.
di Francesca Caracò