Sono passati dieci giorni dalla morte di Franco Battiato e gli italiani hanno saputo di un’altra grande persona di spicco nel mondo dell’arte che ci ha lasciati all’età di 84 anni: Carla Fracci.
Sembra quasi che il mondo della nostra gioventù si stia sgretolando a poco a poco.
La Fracci volava sulle punte, era la perfezione esecutiva in cui precisione, professionalità, dedizione, tenacia e grazia formavano un unicum nella dolcezza del suo ballo.
Era nata nel 1936, dalla campagna andò a Milano alla Scala e lì iniziò la sua carriera internazionale. Danzò con Michail Baryšnikov in Giselle nel 1972 che la definì la più grande Giselle del mondo. Questo ruolo lo ballò anche nel 1980 con Rudolf Nureyev, il loro incedere sul palcoscenico dava sensazioni straordinarie e profonde. E’ stata una delle stelle più brave della danza classica.
Grazie a lei e alla sua perfezione esecutiva l’Italia capì l’arte della danza che lei così definiva: La danza è una carriera misteriosa, che rappresenta un mondo imprevedibile ed imprendibile. Le qualità necessarie sono tante. Non basta soltanto il talento, è necessario affiancare alla grande vocazione, la tenacia, la determinazione, la disciplina, la costanza.
Il New York Times la definì Ballerina Assoluta, ma lei, nella sua grandezza conclamata, rimaneva semplice, si faceva chiamare solo Carla.
Ha ballato: Giselle, La Sylphide, Romeo e Giulietta, Coppélia, Francesca da Rimini, Medea.
Ballò con i più grandi ballerini: Rudolf Nureyev, Vladimir Vasiliev, Henning Kronstam, Mikhail Baryshnikov, Marinel Stefanescu, Alexander Godunov, Erik Bruhn, Gheorghe Iancu, Roberto Bolle.
Si sposò con il regista teatrale toscano Giuseppe Menegatti da cui ebbe l’amato figlio Francesco.
Eugenio Montale la definì Eterna Fanciulla Danzante e le dedicò, nel 1969 la poesia La danzatrice stanca le cui rime le sono state dedicate per la sua gravidanza che l’aveva allontanata dalle scene:
Torna a fiorir la rosa
che pur dianzi languia…
Dianzi? Vuol dire dapprima, poco fa.
E quando mai può dirsi per stagioni
che s’incastrano l’una nell’altra, amorfe?
Ma si parla della rifioritura
d’una convalescente, di una guancia
meno pallente ove non sia muffito
l’aggettivo, del più vivido accendersi
dell’occhio, anzi del guardo.
È questo il solo fiore che rimane
con qualche merto d’un tuo Dulcamara.
A te bastano i piedi sulla bilancia
per misurare i pochi milligrammi
che i già defunti turni stagionali
non seppero sottrarti. Poi potrai
rimettere le ali non più nubecola
celeste ma terrestre e non è detto
che il cielo se ne accorga. Basta che uno
stupisca che il tuo fiore si rincarna
a meraviglia. Non è di tutti i giorni
in questi nivei défilés di morte.
Montale, che sei anni dopo vinse il premio Nobel per la letteratura, era molto amico della Fracci e le volle dedicare la poesia per manifestarle l’affetto che li legava. Nella poesia Montale scrisse Poi rimetterai le ali, per indicare che dopo la gravidanza, periodo di forzata ma necessaria inattività, avrebbe ricominciato a danzare, facendo sì che tutti se ne accorgessero, perché la sua grazia faceva apparire i balletti senza di lei come sfilate di morte.
Fu direttrice del corpo di ballo del San Carlo di Napoli, membro dell’Accademia di Belle Arti di Brera, ambasciatrice Expo nel 2015 e Assessore alla Cultura alla Provincia di Firenze.
Ha portato la danza in televisione, ballando anche con Heather Parisi, per renderla popolare e non d’élite. Tutti per lei dovevano avvicinarsi a quest’arte e amarla.
Diceva in una delle ultime interviste che è importante lo spirito, il sentimento ma, soprattutto il pensiero.
Fu una regista mirabile, insegnava mentre dirigeva, diceva: “Non c’è solo tecnica, non ci sono solo gambe e piedi, devono capire che c’è anche un sentimento, c’è un’armonia, c’è uno stile”.
Ci mancherà questa farfalla che in punta di piedi è volata per danzare nei Cieli.
di Francesca Caracò