In questo periodo è scoppiata la polemica da parte dei ristoratori che si lamentano perché con le nuove aperture post lockdown e l’arrivo dei turisti, non trovano il personale, nonostante ci siano molte offerte di lavoro, in quanto, dicono, i giovani preferiscono il Reddito di Cittadinanza.
In merito ci sono state delle inchieste di varie testate giornalistiche, che hanno messo allo scoperto una situazione totalmente diversa: il vero problema è che i lavoratori del settore sono sottopagati, e non c’è un sindacato che li tuteli seriamente.
In Sicilia, in Sardegna e a Rimini in questo periodo si cerca il personale stagionale, ma, nonostante le offerte siano tante, ad esempio nella costa romagnola si cercano oltre 2.000 persone fra camerieri, cuochi e aiuto cuochi, nessuno vuole essere assunto alle condizioni proposte, perché il lavoro viene offerto al nero e gli stipendi sono addirittura sotto il minimo sindacale.
Infatti, molti giovani alla ricerca di un lavoro stagionale subiscono veri e propri trattamenti schiavistici, non possono prendere un giorno di malattia, non possono protestare dicendo che il contratto prevede diversamente, perché si sentono dire “Se non ti sta bene puoi andare via, un altro lo trovo, c’è la fila!” Se poi si coinvolge l’Ispettorato del lavoro, molti si sono trovati in difficoltà nel trovare successivamente un altro lavoro, perché i ristoratori si “passano la voce” sui nominativi fastidiosi.
La Costituzione all’art. 36 stabilisce al primo comma che: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
Ad esempio, secondo il CCNL dei Pubblici Esercizi, uno stipendio di un aiuto cuoco diplomato e con esperienza, incluso nel 5° livello, per otto ore al giorno in Italia, per un totale di 40 ore settimanali, secondo le tabelle, dovrebbe essere di 1.800 euro lorde al mese, che con le varie trattenute arriverebbe a circa 1.600 euro, ma di fatto, le offerte di lavoro arrivano a 750 euro lorde con un totale effettivo di 450 euro al mese, che non servono neanche per pagarsi un alloggio.
I datori di lavoro dopo la chiusura forzata per mesi già prima della pandemia non si attenevano alle regole, ad oggi hanno un atteggiamento di puro sfruttamento, perché partono dal principio che con la crisi di lavoro che c’è in atto, qualche giovane disponibile ad essere assunto si trova comunque.
Alcuni ragazzi hanno preferito trasferirsi all’estero, in Germania, in Gran Bretagna, in Francia, dove hanno trovato un lavoro ben remunerato.
Anche prima del Covid sussisteva questo problema, ma oggi si assiste ad una recrudescenza in pejus, non si tratta più di otto ore, ma addirittura di 15/16 ore al giorno, non ci sono contributi, non si hanno giorni liberi, i sindacati sono assenti. Addirittura alcuni datori di lavoro hanno scalato dallo stipendio la Cassa Integrazione! Le stanze offerte per l’alloggio non sono adeguate a quelle promesse, a volte sono sgabuzzini, il vitto è un panino mangiato in piedi.
L’Associazione Nazionale Lavoratori Stagionali (ANLS), è il sindacato che ultimamente sta prendendo posizione su questo fenomeno di sfruttamento dei giovani, il suo Presidente è Giovanni Cafagna, che ha dichiarato a Today economia “Prima della pandemia, il settore del turismo non era proprio in caduta libera come potrebbe sembrare dalle denunce allarmate di cui pure si legge da anni. Stando all’ultimo rapporto di Federalberghi (dati Inps), tra il 2018 e il 2019 il lavoro dipendente nel settore turismo era ad esempio aumentato di quasi 58mila unità, con un incremento di 4,7 punti percentuali. Inutile dire, del resto lo abbiamo già fatto, che il Covid ha messo in ginocchio il settore. Ma le rivendicazioni dei lavoratori del comparto, per buona parte stagionali, non possono essere ridotte ad un cliché”.
In effetti, con la pandemia, numerosi sono stati i posti di lavoro perduti: 493 mila posti di lavoro.
Il Presidente Cafagna, mediante Tele Ischia ha pubblicato un video su YouTube in cui invita i lavoratori stagionali ad iscriversi per lottare al fine di ottenere i propri diritti, perché lamentarsi delle ingiustizie subìte restando immobili non giova a nessuno.
di Francesca Caracò