La colorata follia del Carnevale

Il Carnevale è una delle feste più antiche e diffuse nei paesi di tradizione cristiana ed in particolare in quelli di rito cattolico. Si tratta di una festa mobile che si colloca tra l’Epifania e il Mercoledì delle Ceneri. Un’esperienza giocosa, ridanciana e creativa, che accomuna la storia personale e sociale di tutti noi italiani. Balli, maschere, travestimenti, scherzi, crapula e irriverenza sono la cifra di ogni evento dall’antichità ad oggi. Nel Carnevale vi è l’eco dei Saturnali romani, un importante ciclo di festività durante i quali era concesso il sovvertimento temporaneo dell’ordine sociale. Nella rievocazione di una mitica età dell’oro in cui gli uomini vivevano felici, nell’abbondanza di tutte le cose e in perfetta eguaglianza tra loro, nei giorni dei Saturnali, che avevano conquistato tutti i territori sotto il dominio imperiale, si festeggiava l’abbondanza dei doni della terra con conviti e banchetti. Agli schiavi si concedeva larga licenza e temporaneamente potevano considerarsi uomini liberi. Il Carnevale che celebriamo oggi ha le sue radici più riconoscibili nella tradizione medioevale, quando ormai la festa aveva assunto una connotazione prettamente religiosa e l’astenersi dalle carni (carnem levare, probabile etimologia) rimandava alle pratiche di penitenza e digiuno quaresimali.

Carnevale di Foiano della Chiana

Un corposo ma godibilissimo testo di Antonio Castello ci porta in giro per l’Italia, in un viaggio sorprendente e spassoso nel mondo del Carnevale.  L’autore, giornalista specializzato nel settore turistico, in “Maschere e Coriandoli” ci accompagna in un itinerario, che egli ha compiuto nell’arco di un trentennio, frequentando e registrando oltre 400 manifestazioni, raggruppate per Regione. Il sottotitolo del libro “Guida ai Carnevali più belli e caratteristici d’Italia” ne mette in risalto l’intento principale, che è quello di offrire uno strumento per esplorare tematicamente il nostro Paese, riscoprendo storia, folclore ed enogastronomia legate a tali eventi, in linea anche con l’attuale visione di turismo e svago fatti maggiormente di prossimità e a più basso costo.

Castello ha però raggiunto un obiettivo più ampio e profondo, che rende tale lavoro veramente prezioso. La sua meticolosa ricerca ci lascia una rilevante testimonianza etno-antropologica e storica. Il testo si configura infatti come un’importante documentazione che consente di registrare e non perdere memoria della cultura locale, di credenze e usanze, spesso derivate dalla Commedia dell’Arte, che contribuiscono a definire quel patrimonio culturale immateriale di cui il nostro Paese è depositario.

Possiamo così soffermarci sulla descrizione di Carnevali molto noti come quelli di Roma, Viareggio e Venezia a quelli meno famosi a livello internazionale, come le manifestazioni di Cento, Ronciglione, Putignano, Capua, Sessa Aurunca, Sciacca. Da segnalare ad esempio uno dei Carnevali più originali e suggestivi d’Italia che è quello di Satriano in Lucania, che sembra affondare le radici negli ultimi riti arborei che ancora si svolgono in Basilicata. Le sue maschere principali sono “Rumit”, “Urs” e “Quaresima”. La prima è l’Eremita, che ha le fattezze di un albero ricoperto completamente di edera, e che nell’ultimo giorno di Carnevale, il Martedì Grasso, vaga per il paese con un grande ramo di pungitopo, bussando alle porte delle abitazioni, per raccogliere cibo o monete. L’Orso, la seconda maschera, è vestito con pelli pregiate di animali, rappresentando il paesano arricchito che ha perso il senso delle sue radici. Si muove rumorosamente, con campanacci e catene legate alle caviglie. Infine, Quaresima, è un’anziana donna, completamente vestita di nero, che porta sulla testa una culla al cui interno è riposto il figlio, concepito durante il periodo di Carnevale. Il programma dell’evento, che nel tempo è stato variamente interpretato, si conclude sempre con “la Festa della Zita”, cioè la messa in scena di un matrimonio contadino, con la particolarità di invertire i ruoli dei protagonisti, per cui i maschi si vestono da femmina e viceversa.

Per ogni Regione italiana, Castello ci mostra anche le maschere tipiche, di cui si sta purtroppo perdendo memoria, in quanto nei travestimenti dei più oggi non si ricorre ormai ad esse. Così c’è Frappiglia in Abruzzo, il povero contadino, Giangurgolo in Calabria, dall’enorme naso rosso, capitano di ventura dalla lunga spada, Burlamacco in Toscana, nato da una idea futuristica.

Questo testo è quindi esso stesso un momento di svago e rimembranza.

di Rosaria Russo