Come evidenziato dall’annuale resoconto che la FAO pubblica sullo stato della pesca e dell’acquacultura, gli stock ittici commerciali sono in grave difficoltà a causa di un sistema di pesca eccessiva e non sostenibile a livello globale.
Il nostro Mediterraneo, per le sue caratteristiche di mare chiuso, dall’ecosistema ricco di biodiversità ma fragile, è uno dei mari più a rischio. La pesca illegale, che è un vero e proprio crimine ambientale, è favorita anche da una regolamentazione del settore inadeguata e da controlli insufficienti se non spesso inesistenti. Una grave minaccia viene proprio dal tipo di pesca sempre più dominante rispetto ai metodi tradizionali, in quanto è fatta di imbarcazioni molto grandi, con equipaggiamenti sofisticati e potenti, dalle reti ai sonar, alle attrezzature per lavorazione e congelamento a bordo. Un grave “danno collaterale” di questo sistema rapace è costituito dalle catture accessorie, ossia dalle catture accidentali di mammiferi, uccelli marini, tartarughe, squali e altre specie. Le conseguenze di questo sistema distruttivo e industrializzato di pesca sono anche sociali, poiché priva del tradizionale sostentamento milioni di persone, che operano nella piccola pesca artigianale.
Per ripristinare l’attuale situazione di grave sofferenza è necessario cercare da un lato di combattere tutti gli aspetti illegali e i metodi distruttivi di utilizzo delle risorse marine, ma anche dall’altro creare una rete globale di santuari marini per permettere all’ecosistema marino di riassestarsi.
Un altro aspetto molto importante è l’opera di ripopolamento marino ad opera di importanti centri di ricerca. A questo proposito, anche quest’anno ad esempio, l’Università degli Studi della Tuscia, con il Centro Ittiogenico Sperimentale Marino del Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche, ha realizzato il progetto di ripopolamento dell’astice europeo con il rilascio di nuovi nati. Il ripopolamento è un’attività molto diffusa in altri paesi come in Giappone e nel Nord Europa e in Europa ed è considerato uno degli strumenti più utili per la gestione della pesca e delle risorse naturali dei mari. L’astice europeo è una specie pregiata e la sua sopravvivenza è messa a rischio dalla pesca intensiva, dall’inquinamento e dall’antropizzazione. Università e territorio sono un esempio di efficace collaborazione per la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse marine. Lungo le coste dell’Alto Lazio si trovano ben 5 ZSC (Zone Speciali di Conservazione) tappezzate di prateria di Posidonia oceanica, cioè aree protette a livello europeo, che ospitano questo habitat fondamentale per la riproduzione e la sopravvivenza di moltissime specie marine. I posidonieti sono dei veri e propri rifugi, dove cibo e protezione vengono assicurate per la riproduzione e la crescita dei piccoli.
Due Zone Speciali di Conservazione lungo le coste del Comune di Tarquinia sono state protette dalla pesca illegale, grazie all’istallazione di reef ball, ossia di substrati artificiali in cemento ecocompatibile, con struttura a campana, cava e bucata. Grazie a queste strutture viene attuata l’operazione di ripopolamento dell’astice europeo, che è una specie di rilievo per la pesca costiera.
di Eleonora Marino