A partire dai primi di marzo in Corsica sono scoppiate una serie di violente proteste contro la Francia, che hanno risvegliato il mai sopito spirito autonomista degli abitanti dell’isola. A far scattare i movimenti popolari, che hanno interessato anche i principali centri urbani come Ajaccio o Bastia, la notizia dell’aggressione, subita lo scorso 2 marzo nel carcere di Arles (in Provenza), dall’indipendentista Yvan Colonna, che scontava l’ergastolo per l’omicidio del prefetto francese Claude Jean-Pierre Érignac, assassinato nel 1998. I manifestanti accusano il governo da un lato di non aver fornito adeguata protezione a Colonna (in teoria soggetto ad un regime di sorveglianza speciale) e dall’altro perfino di complicità nel delitto, lamentando inoltre i ritardi nei soccorsi. Colonna, finito in coma, si trova attualmente ricoverato in ospedale in gravi condizioni. Le proteste hanno assunto a tratti carattere violento, con lanci di bottiglie molotov contro le forze dell’ordine e attacchi a sedi istituzionali, come tribunali e prefetture. A Bastia ci sono stati diversi feriti, compresi diversi militari. Nel tentativo di mettere fine alle rivolte, Parigi ha inviato nell’isola il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, che ha avuto una serie di colloqui coi rappresentanti delle forze autonomiste (al governo nell’isola), a cominciare dal presidente della regione Gilles Simeoni, promettendo di aderire alle richieste di maggiore autonomia che da sempre arrivano dai corsi. Nel tentativo di lanciare un segnale distensivo, il governo ha autorizzato il trasferimento nelle carceri isolane di diversi indipendentisti, come più volte richiesto in passato. Al momento i moti non si sono ancora sopiti, mentre diversi esponenti dell’autonomismo isolano – dopo anni di tergiversazioni e promesse mai onorate – attendono il governo centrale alla prova dei fatti. In effetti, è opinione unanime che l’unica strategia per mettere fine alla vertenza sia quella di concedere maggiore autonomia all’isola.
di Paolo Arigotti