Introduciamo questo numero con un’invocazione alla pace, appello e monito rivolto a tutta l’umanità a deporre le armi e ad utilizzare le dotazioni, le risorse e i mezzi militari, solo come segno amichevole, simbolo di memoria storica e culturale, attraverso la descrizione nel tempo di un’immagine emblematica di tradizione rinnovata ogni giorno e patrimonio di civiltà, quale testimonianza autentica del passato, come il cannone presente nella Città Eterna (La Redazione).
Il cannone buono del Gianicolo
Il cannone che spara a mezzogiorno è una tradizione romana che si ripete ogni giorno, dal primo dicembre 1847.
Siamo sulla Passeggiata del Gianicolo, si apre davanti a noi uno dei panorami più commoventi e famosi di Roma.
Sotto di noi, appena oltre l’affaccio su questo spettacolo, un po’ prima delle ore dodici, alcuni militari si preparano, concentrati.
Tirano fuori il “pezzo” dal locale apposito dove è conservato.
Caricano a salve il cannone e attendono il segnale.
Gli spettatori, che ci sono sempre, sia col sole che con la pioggia, si riparano le orecchie, emozionati.
Infine … BOOMM
tuona il colpo.
E tutte le basiliche e le chiese di Roma, grandi e piccole, sciolgono all’unisono le loro campane per annunciare il mezzodì.
Mentre si annusa l’odore della polvere da sparo, si avverte un nodo di commozione per aver partecipato a questo rito civile e religioso insieme.
Prima del 1847, come in tutti i paesi e in tutte le città, anche a Roma le ore dodici erano annunciate solo dal festoso scampanio, che si distendeva interminabile, tanto caro e atteso, perché segnava l’ora del pranzo.
Interminabile?
Sì, a Roma sembrava proprio interminabile quel momento allegro e festoso.
Questo dipendeva dal fatto che ogni chiesa aveva il proprio modo di individuare il momento del mezzogiorno, usando meridiane e antichi orologi.
I campanari scioglievano dunque le mille campane di Roma ognuno per conto suo: chi suonava prima, chi suonava dopo, a volte anche a comodo dei preti…
Fu il papa Pio IX, allora, a introdurre un segnale univoco per tutti, che indicasse l’ora ufficiale e desse il via alle campane.
Il pontefice decise di far sparare un colpo di cannone a salve da Castel S.Angelo, in modo che lo sentisse tutta la città e tutti potessero regolare il proprio orologio su quel segnale.
Ecco quanto dice il Diario di Roma, periodico romano pubblicato dal 1716 al 1848, fonte importantissima per noi:
“A maggior comodo del pubblico, affine di ovviare al disordine che può non di rado arrecare il diverso andamento di tanti orologi in questa Capitale, per ordine superiore cominciando da domani 1° dicembre un colpo di cannone tirato dal forte S.Angelo annunzierà ogni dì alla popolazione il vero istante e preciso del mezzogiorno, quale appunto dovrebb’esser in par tempo indicato da tutti gli orologi ben regolati della città” (Diario di Roma, 30 novembre 1847).
Il provvedimento ebbe lunga vita: anche dopo l’Unità d’Italia il cannone continuò a sparare da Castel S. Angelo.
Poi, nel 1903 venne temporaneamente spostato sulle pendici di Monte Mario.
Esattamente dal 24 gennaio 1904 il cannone venne infine trasferito sul Gianicolo.
La tradizione dello sparo fu interrotta durante la seconda guerra mondiale.
Solo il 21 aprile 1959, data scelta in occasione del Natale di Roma, il cannone riprese a segnare il mezzogiorno e continua ancor oggi, anche se non è sempre lo stesso cannone…
Celebrò quel momento una poesia di Checco Durante (1893-1976), attore e poeta romanesco, stretto collaboratore di Ettore Petrolini.
St’usanza che pareva bella e morta
è tornata de moda ‘n’artra vorta.
Mo’ mezzogiorno a tutte le perzone
j’ariviè segnalato dar cannone.
Quanno lo sento penzo co’ la mente
na prejera che viene su dar core
e mormoro: Signore!
Fa ch’er cannone serva solamente
pe’ dì all’umanità
che sta arrivanno l’ora de magnà
E’ potente, questo teatrale momento quotidiano di pace, che celebra con un’arma da fuoco il felice momento della pausa, dell’”annamo a magnà” romanesco.
Meriterebbe, secondo me, quotidiani flash mob tanto spontanei quanto partecipati, per testimoniare la pace per bocca del cannone buono.
di Maria Cristina Zitelli