Non è l’afa, non sono gli incendi, non è la siccità che ci insidia. Questi sono solo elementi “estivi” che contribuiscono a distrarre l’attenzione. E quando si è distratti, alcune cose inevitabilmente sfuggono. Quando si abbassa la guardia, succedono cose …
Vengono alla mente gli annosi problemi relativi agli organici (ed alla precarietà) di tanti Vigili del Fuoco chiamati ad operare in situazioni difficilissime.
Vengono alla mente, quando la terra trema, alle confusioni normative ed i ridimensionamenti della nostra Protezione Civile.
Vengono alla mente tutte le battaglie e le peripezie dei lavoratori di una Croce Rossa Italiana che oggi non è più.
Come suona strano che oggi, nel momento del bisogno, si guardi con atteggiamento più critico a scelte politiche e gestionali che già definimmo completamente sbagliate, figlie di valutazioni politiche miopi e superficiali.
Non avremmo bisogno di ricordare quanto e come la FIALP CISAL si sia battuta (da sola, come al solito…) nelle aule di Tribunale impugnando la privatizzazione dell’Ente Croce Rossa Italiana derivante dal D. Lgs. 178 del 2012, tuttavia ci preme far notare che il ricorso promosso attraverso lo Studio Legale Pagliaro è stato depositato presso il Tribunale di Chieti il 22 gennaio 2014 e tra le motivazioni a sostegno della illegittimità costituzionale della privatizzazione dell’Ente CRI si possono citare le seguenti:
“Inoltre il predetto Decreto appare violare l’art 76 della Costituzione per evidente eccesso di delega.
Ricordiamo che a norma dell’art. 76 Costituzione la legge di delega deve recare la determinazione dei principi e criteri direttivi ai quali il Governo nell’esercizio della funzione legislativa ha l’obbligo di attenersi.
La dottrina si è posta il quesito se sia possibile distinguere i principi dai criteri direttivi e l’orientamento prevalente sul punto sembrerebbe condividere la tesi per cui la formula in questione andrebbe intesa come una endiadi in quanto i principi e criteri direttivi sarebbero due modi diversi di esprimere un unico limite.
Questo orientamento trova, peraltro, conferma nella prassi parlamentare dal cui esame emergono leggi di delegazione che contengono un elenco di norme direttive non distinguibili in principi e criteri.
Nel caso che ci occupa i principi e i criteri direttivi cui l’esercizio del potere delegato deve uniformarsi sono quelli stabiliti dall’art. 2 della L. 183/10 che nell’affidare al Governo la riorganizzazione degli Enti vigilati dal Ministrato del lavoro e della salute, tra i quali anche la Croce Rossa Italiana, ha tassativamente stabilito le direttive nei punti a), b), c), d), e).
Dettati i criteri e principi, in merito alla loro osservanza da parte del legislatore delegato la Corte Costituzionale ha affermato che la discrezionalità nell’esercizio delle delega dipende dal “grado di specificità dei principi e criteri fissati nella legge delega” (Corte Cost. 199/2003).
In tal modo l’eventuale giudizio di conformità della norma delegata alla norma delegante deve tener conto sia della finalità che, attraverso i principi e i criteri enunciati, la legge di delega si prefigge con il complessivo contesto delle norme da essa poste sia del fatto che le norme delegate vanno interpretate nel significato compatibile con quei principi e criteri fissati nella legge delega.
Orbene, facendo tesoro di tali indicazioni della giurisprudenza Costituzionale, possiamo effettuare l’indagine sull’impianto complessivo della Legge delega e verificare agevolmente che il legislatore delegante non si era prefisso la privatizzazione dell’Ente pubblico e la sua graduale sostituzione con una associazione di diritto privato fino alla completa soppressione.
Al contrario, la chiara volontà del legislatore delegante, che emerge dal corpo della L. 183/10 era quella di permettere al Governo di riorganizzare i predetti Enti vigilati, secondo le linee guida indicate, ma sempre mantenendo la natura giuridica di Ente pubblico.
Contrariamente alle direttive della delega il Governo, con il Decreto delegato, ha disposto dapprima il mantenimento temporaneo della personalità giuridica di diritto pubblico della C.R.I. come Ente non economico (art. 2) e successivamente la soppressione e liquidazione dell’Ente a far tempo dal 1.01.2016 (art. 8 co. 2), termine prorogato al 1.01.2017 in seguito alla L. n. 125 del 30.10.2013.
Ricordiamo, infatti, che i principi e i criteri ai quali doveva uniformarsi il Governo erano sostanzialmente quelli della semplificazione e snellimento dell’organizzazione e della struttura amministrativa degli enti; di razionalizzazione e ottimizzazione delle spese e dei costi di funzionamento, previa riorganizzazione dei relativi centri di spesa e mediante adeguamento dell’organizzazione e della struttura amministrativa degli enti, riconoscendo il valore strategico degli istituti preposti alla tutela della salute dei cittadini; di previsione dell’obbligo degli enti e istituti vigilati di adeguare i propri statuti alle disposizioni dei decreti legislativi emanati successivamente.
In realtà dal 1.01.2017 non vi sarà più una Croce Rossa come Ente Pubblico non economico vigilato dal Ministrato del lavoro e della salute ma solo una Associazione di diritto privato che subentra in tutti i rapporti attivi e passivi dell’Ente soppresso e posto il liquidazione.
Inoltre già dal 1.01.2014 non vi è più una Croce Rossa come Ente pubblico a livello provinciale e locale per effetto dell’accelerazione disposta dalla L. n.125 del 30.10.2013 degli effetti della privatizzazione complessiva dell’Ente.
Appare evidente l’eccesso di delega che il Governo delegato ha utilizzato per compiere la privatizzazione e, dunque, la soppressione di un Ente Pubblico quale la C.R.I. senza averne avuto il potere dal Parlamento Italiano, Croce Rossa che per anni ha svolto e continua a svolgere servizi pubblici essenziali alla collettività.
Pertanto, ferme restando le preliminari considerazioni in merito alla illegittimità delle proroghe, il decreto legislativo 28.09.2012 n. 178, si appalesa certamente incostituzionale per eccesso di delega e, dunque, per violazione dell’art. 76 Cost. nella parte in cui (art. 8 comma 2) dispone la soppressione dell’Ente pubblico”.
Ma la questione è stranamente sfuggita al Tribunale di Chieti che con la sentenza n. 317/2015 ha ritenuto che non sussistevano elementi validi per rimettere la questione alla Corte Costituzionale !!! Oggi siamo a poco più di 150 giorni alla chiusura definitiva di una struttura (l’Ente Strumentale alla Croce Rossa Italiana) e finalmente il Tribunale Amministrativo del Lazio ha ritenuto che vi fosse nel Decreto 178/12 un eccesso di delega …. si è accesa la scintilla che dovrebbe bruciare quella “riformicchia” del 2012.
Speriamo che non sia un fuoco di paglia !!!
In queste righe – al fine di evidenziare gli interessanti punti di raffronto con le tesi da sempre portate avanti dalla FIALP CISAL – vogliamo riportare ampi stralci della Ordinanza del Tribunale Amministrativo Regionale del LAZIO (n. 08701/2017 REG. PROV. COLL. – n. 08540/2016 REG. RIC. – n. 08541/2016 REG. RIC.) proposto da alcuni dipendenti già appartenenti al Corpo Militare della C.R.I.
Pur partendo, legittimamente, da punti di vista diversi (proprio in quanto ex militari), le tesi evidenziate sono le stesse che alcuni dipendenti civili della CRI iscritti alla FIALP CISAL e patrocinati dall’Avv. Emanuele Pagliaro, hanno a suo tempo sostenuto.
All’esame del Diritto “esistente” effettuato dal TAR Lazio (omissis) “prospettano al riguardo censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, con ulteriore eccezione di incostituzionalità che investe, in via prioritaria, l’art. 5 del citato decreto legislativo, ma anche, sostanzialmente, l’intero impianto della disposta ristrutturazione dell’Ente.” … (omissis)
“Entra pertanto in discussione la ravvisata, non manifesta infondatezza dell’eccezione di incostituzionalità, in rapporto agli articoli 1, 3, 76, 97 e 117 della Costituzione (per quanto riguarda l’art. 117, con riferimento all’art. 1 del Protocollo Addizionale n. 1 alla CEDU).”
A seguito della elencazione della formale delega al Governo prevista dall’art. 2, comma 1 della Legge 183 del 4.11.2010, il TAR Lazio ritiene (omissis) “A fronte di tali disposizioni – che non sembrano suggerire interventi totalmente innovativi, né certamente soppressivi, degli enti da riorganizzare – il decreto legislativo n. 178 del 2012 opera un’integrale rinnovazione strutturale per quanto riguarda la Croce Rossa Italiana, già ente pubblico non economico …” … (omissis)
“In tale contesto il fattore, che non appare riconducibile alla volontà del legislatore delegante, non è tanto la privatizzazione (che, nell’ormai acquisita concezione funzionale di Stato, vede normalmente esercitate da privati funzioni pubbliche: cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 28 giugno 2016, n. 14; Cons. Stato, sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2660) – quanto l’assenza di concrete garanzie di continuità per l’assolvimento dei compiti istituzionali, tradizionalmente affidati alla Croce Rossa Italiana e fatti salvi dalla legge delega (art. 2, comma 1 cit.).” … (omissis)
“Anche in esito all’istruttoria condotta, non appare contestabile – né viene formalmente contestato – che la smobilitazione delle risorse e di gran parte del personale abbia compromesso la prosecuzione dell’attività della C.R.I., nella dimensione sopra indicata, né al personale in mobilità risulta assicurata la conservazione di funzioni, cui certamente corrispondono professionalità specifiche …” … (omissis)
“Il contesto della riforma descritta non sembra rispondere, come più avanti meglio specificato, alle scelte di fondo del legislatore delegante, nel pieno rispetto delle finalità della delega ed in coerenza con il quadro normativo di riferimento (cfr., per il principio, Corte Cost. 23 marzo 2016, n. 59).
Come già in precedenza accennato, infatti, l’art. 2 della legge delega n. 183 del 2010, in quanto riferito a mera “riorganizzazione”, non sembra estendersi a interventi di tipo anche soppressivo dell’Ente, come quelli che – nel caso di specie – portano alla liquidazione ed estinzione della Croce Rossa Italiana, nonché all’istituzione di una nuova entità, in forma associativa e di natura privata, dai compiti genericamente analoghi, ma senza alcuna garanzia di effettività e continuità.” … (omissis)
“In tale ottica, praticamente l’intero impianto del d.lgs. n. 178 del 2012 (articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 8) appare invece frutto di eccesso di delega, né si presta ad interpretazione costituzionalmente orientata, in quanto non riconducibile ad una chiara volontà del legislatore delegante, le cui finalità di mera riorganizzazione e riordino del rapporto di vigilanza – ferme restando le funzioni attribuite agli enti e le disposizioni vigenti per il personale in servizio – sono state rispettate per altri enti e istituti, che in attuazione del medesimo art. 2 della legge n. 183 del 2010 non hanno perso la propria natura giuridica, senza alcun negativo impatto sul personale (cfr. d. lgs. n. 106 del 2012, riferito agli Istituti zooprofilattici sperimentali, all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali e alla Lega italiana per la lotta contro i tumori)” … (omissis)
“Nella situazione in esame può ritenersi che la delega – non specificamente riguardante la C.R.I., ma riferita (come già in precedenza ricordato) ad un generale riordino organizzativo “degli enti vigilati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dal Ministero della Salute” – con meri fini di semplificazione, contenimento della spesa pubblica e ridefinizione dei rapporti di vigilanza – non autorizzasse disposizioni, incidenti in modo innovativo su un ente pubblico, la cui soppressione avrebbe dovuto essere frutto di meditata scelta politica, certamente sottratta al legislatore delegato.” (omissis)
P.Q.M.
“Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, (Sez. III), ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3, 4 e 8, nonché – anche autonomamente – degli articoli 5 e 6 del decreto legislativo n. 178 del 28 settembre 2012, con riferimento agli articoli 1, 3, 76, 97 e 117 della Costituzione, nei termini analiticamente dedotti in motivazione, sospende il giudizio sui ricorsi nn. 8540/16 e 8541/16, previa riunione dei medesimi e – riservata al definitivo ogni ulteriore pronuncia in rito, nel merito e sulle spese – ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.” (omissis)
Le nostre amare riflessioni, oggi, non vanno certo sulla congruità e sulle valutazioni espresse, quanto sul fatto che identiche motivazioni esposte in tempi molto precedenti, siano state oggetto di diversa valutazione.
Appare poi evidente che ricorsi presentati da soggetti diversi, in tempi differenti e piuttosto distanziati tra loro (gennaio 2014 l’una, luglio 2016 l’altra) a due strutture “diverse” per locazione e per funzioni (Tribunale Ordinario del Lavoro di Chieti l’una, Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio l’altra) siano partiti da un “comune sentire”, da una identica e precisa valutazione delle norme (violate) dal famigerato D. Lgs. 178/2012.
Non possiamo non chiederci se con una maggiore attenzione da parte del Tribunale di Chieti si sarebbe potuto bloccare per tempo la riforma (anche e soprattutto a beneficio dei lavoratori della CRI che tanto l’hanno subita) insieme al rammarico di non aver promosso la causa innanzi il Tribunale di Roma !!!
Se vero è che forse siamo solo agli albori di un percorso processuale, non possiamo fare a meno di domandarci come tutto ciò andrà a finire … quando ciò che rimane della CRI già non sarà più. ….Non siamo un paese normale …