Donna, domina

In questo numero di marzo, mese in cui si risveglia la natura con l’inizio della primavera, vogliamo rinnovare e rivolgere una particolare attenzione alla donna, pubblicando contributi redazionali, in cui è rappresentata nelle poliedriche manifestazioni e molteplici testimonianze in ogni tempo della condizione e considerazione nella società, nel lavoro, nella politica, nella cultura. E’ un percorso di lettura, nel quale trovare approfondimenti e curiosità dall’antichità all’attualità, che possono favorire e suscitare il desiderio di conoscere e sapere di più di figure femminili e delle loro azioni ed opere, che hanno caratterizzato e qualificato la storia dell’umanità (La Redazione).

Donna, domina

#donna #signora dei serpenti #potnia theron

Millenni e generazioni di uomini hanno operato instancabilmente a una trama volta all’assoggettamento del genere femminile al genere maschile.

Il giovane di ultima generazione potrebbe chiedersi il perché.

Ed ecco, in un’immagine di quasi 4000 anni fa, la fulminea risposta.

Foto da Statomentale.wordpress

Presento, a chi non la conosca, la Potnia Theron, Signora delle belve, nella versione cretese della dea dei serpenti.

E’ una versione databile al 3.600 a.C. circa, espressione ormai codificata di un archetipo che nacque probabilmente nel “senza tempo”, nell’alveo precosciente e amniotico in cui tutto va assumendo forma senza intermediazioni culturali.

Potnia Theron

Pot- è l’evidente radice etimologica della parola “potere”.

Ther, o Pher richiama la fiera, la caccia alle bestie feroci, un mondo ferino ancestrale e implacabile.. Ci riporta al terrore e al tremito.

La vedete? Siamo di fronte a un archetipo davvero parlante.

Rappresenta la donna come signora potente.

I seni sono nudi, il corpo è erotico e fasciato da un vestito ricco e nobile.

E’ incoronata da una fiera eretta e ha occhi terribili e fissi.

Stringe due serpi tra le mani e le braccia sollevate dicono tutto della sua energia.

Le curve marcate rivendicano un riferimento netto alla fertilità.

Abbiamo di fronte una dea creatrice, generatrice, legata in maniera evidente al ciclo della terra e della vita.

Siamo al cospetto della Dea Madre arcaica, quella che Omero chiama appunto Potnia Theron.

Non è certo un’appendice di qualche divinità maschile.

Diodoro Siculo ne parla come della “Madre di tutti gli dèi”.

Una dea originaria e temibile, riflesso divino della donna nel suo ruolo creativo e misterioso, il cui corpo genera sangue, vita, latte di nutrimento.

Nel quadro della matrice profondamente bellica che caratterizzò il mondo di origine indoeuropea, questa immagine può essere la chiave per comprendere come si sia gradualmente formata nell’uomo antico l’idea di sottomettere la donna, di toglierle quella corona temibile.

La genesi della famiglia di tipo patriarcale risiede nella necessità di arginare l’immenso potere femminile.

Da queste radici nasce una continua opposizione a qualsiasi tentativo femminile di affermare o difendere diritti.

Un mare di donne

Ne abbiamo testimonianza in tanti episodi riportati dalla storia, dall’antica Grecia all’antica Roma, dove ad esempio Tito Livio ci ricorda la durezza di Catone il Censore in occasione di una protesta delle donne volta ad abolire una legge che vietava loro ogni manifestazione frivola.

La legge Oppia era stata promulgata vent’anni prima, nel 215 a.C., durante la seconda guerra punica, ma ormai quel richiamo a uno stile morigerato in tempi di guerra non aveva più ragione d’essere.

Dice Catone: “Sono arrivato nel foro fendendo un mare di donne”… 

Secondo lui gli uomini non dovevano far calpestare la loro indipendenza negli affari pubblici dalla prepotenza muliebre.

Per la cronaca, la protesta aumentò ancora e le donne, quella volta, l’ebbero vinta.

foto da storicang.it

Dall’antichità all’età moderna episodi a milioni creano un’enorme distanza da quella dea potente e testimoniano la difficile condizione delle donne, che a fatica possono da pochi anni godere di parità di diritti e provare a realizzare liberamente la propria personalità.

di Maria Cristina Zitelli