L’orso in passato era numeroso in tutto l’arco alpino ma tra la metà del 1700 e la metà del 1900 ha subito una drastica riduzione nel numero di esemplari. Il numero da alcune centinaia si ridusse a poche unità di cui la maggior parte trovò rifugio nel gruppo del Brenta.
Le uccisioni furono agevolate soprattutto dall’aumentare della capacità tecnica dei cacciatori, anche se non di rado gli orsi finivano in trappole destinate ad altri animali e poi finiti dai cacciatori.
In un libro del 1935 dal titolo “L’orso bruno nella Venezia Tridentina” Guido Castelli, un naturalista autodidatta, pubblicò un libro dedicato all’orso bruno nella Venezia Tridentina (l’attuale Trentino Alto Adige). Nel libro furono riportate tutte le catture e le uccisioni dei plantigradi che si erano succedute dal 1764 fino al 1935. Il libro riporta l’uccisione di circa 190 esemplari di orso bruno, 64 orsi di questi furono uccisi fra il 1855 ed il 1930 nel Gruppo del Brenta.
Già in quegli anni si iniziava a parlare della salvaguardia dell’orso bruno che ormai si era ridotto notevolmente nel numero. Nel 1969 la provincia di Trento provò anche ad inserire due esemplari un maschio ed una femmina, che però si rivelarono problematici e furono rimossi negli anni successivi (la femmina morì nella cattura).
L’ultimo orso ucciso in Trentino ad opera di cacciatori risale al 1971, l’orso finì intrappolato in un laccio predisposto per la cattura di caprioli e fu finito a colpi di fucile. L’orso era un esemplare giovane dal peso di 170 kg.
Tra il 1935 ed il 1971 sono state documentate 29 uccisioni di orsi nella zona dei Gruppi dell’Adamello-Presanella e nelle Dolomiti del Brenta.
Un ricordo personale mi riporta al 1982 ed al mio professore di tedesco, il professor Brisi, appassionato di orsi, che si recava nelle zone sopra citate alla ricerca di tracce lasciate dall’orso, ricordo le fotografie di alveari selvatici aperti dall’orso, i calchi in gesso delle impronte lasciate nel bosco. Ma soprattutto rammento che era riuscito dai dati in suo possesso a quantificare la presenza di meno di 10 orsi. Tra il resto si rammaricava di non averne mai potuto osservare uno da vicino, proprio perché l’orso tende se possibile ad evitare incontri con l’uomo, probabilmente memore del pericolo che l’uomo costituiva.
Alla fine degli anni ‘90 una ricerca ufficiale, basata su analisi genetiche dava per certa la presenza di soli 3 o 4 orsi nel Gruppo del Brenta.
Nel 1996 dalla collaborazione tra la Provincia di Trento e l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), grazie ai contributi della Comunità Europea nasce il progetto Life Ursus, che si propone l’obiettivo della tutela e della salvaguardia dell’orso bruno, attraverso l’inserimento di esemplari prelevati dalla Slovenia.
La fase operativa del progetto ha inizio nel 1999 e terminerà nel 2004: nel primo anno (il 1999) furono introdotti i primi tre orsi e poi si susseguirono le introduzioni di altri orsi fino a raggiungere il numero di 10. A testimonianza dell’iniziale successo del progetto, già nel 2002 si ebbe riscontro della prima riproduzione e della nascita di cuccioli d’orso. Tutti questi orsi furono dotati di radiocollare, che permetteva il loro monitoraggio.
Il progetto Life Ursus prevedeva che in circa 20 anni la popolazione degli orsi avrebbe raggiunto un numero di 40-50 orsi, che erano il numero considerato come idoneo per il territorio interessato. Numero che avrebbe garantito anche una corretta convivenza con l’uomo.
Oggi in realtà su un territorio di circa 620 km2 sono presenti più di 100 orsi, sembrerebbe che siano attorno ai 130, se si contano anche i cuccioli e in alcune zone si ha una maggiore concentrazione di orsi rispetto alle altre.
Purtroppo le iniziali previsioni di ripopolamento dell’arco alpino non si sono verificate e l’orso invece di migrare in altre aree è rimasto concentrato nel territorio del Trentino. Questo fenomeno è stato spiegato con il fatto che non spostandosi le femmine i maschi di conseguenza gravitano attorno all’area degli esemplari femminili.
Da qui le valutazioni espresse in questi giorni dal Presidente della giunta provinciale del Trentino sul fatto di dover trasferire almeno 70 esemplari dal Trentino verso altre destinazioni.
In questi giorni, a seguito della disgrazia di Caldes e delle dichiarazioni del Presidente Fugatti, alcuni siti internet e quotidiani criticano il Trentino sulla gestione dell’orso. Da un lato si deve concordare con questi, in particolare sulla scarsa informazione e formazione della popolazione sui comportamenti da tenere con l’orso ed in merito al fatto che non è stata portata avanti una ricerca scientifica seria ed approfondita successivamente alla conclusione del progetto Life Ursus. Dall’altro pare inopportuno il confronto con il parco naturale Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise in quanto in questa area di circa 550 km2 sono presenti un numero decisamente inferiore di orsi rispetto a quelli in Trentino, nel Parco Nazionale d’Abruzzo sarebbero, infatti, presenti circa una cinquantina di orsi, così come riportato sul sito internet del parco.
Un’altra precisazione va fatta in merito al comportamento delle popolazioni residenti, che viene descritto come esemplare per la popolazione residente nell’area del Parco Nazionale d’Abruzzo, mentre questo non accade per quella trentina definita in alcuni casi come isterica nei confronti dell’orso. In realtà la popolazione che risiede all’interno del Parco Adamello-Brenta e nelle aree limitrofe convive quotidianamente con “visite” da parte dell’orso senza isterismi o lamentele esagerate (come dimostra la foto a corredo di questo articolo che è stata scattata nel paese di Cunevo a ridosso delle abitazioni). Anche le poche uccisioni illegali di orsi (3 negli ultimi vent’anni) testimoniano un rispetto verso i plantigradi, uccisioni che sono inferiori a quelle registrate in Abruzzo che dal rapporto sull’orso del 2018 risultano essere stati uccisi illegalmente 33 orsi di cui 22 a causa di armi da fuoco e 11 per avvelenamento.
E’, comunque, ormai chiaro che in Trentino si deve riprendere una seria ricerca sulla popolazione di orsi e successivamente intervenire in maniera appropriata al fine di garantire la più serena convivenza tra uomo ed orso.
di Massimiliano Merzi
foto: facebook post pubblico profilo L. Zanoni