Ha preso avvio alla fine del mese di aprile la campagna per la raccolta delle firme (minimo 500mila) per l’indizione di tre referendum in materia di sanità pubblica e invio delle armi.
Tutti i dettagli riferiti all’iniziativa in corso e la modalità per aderirvi (ricordiamo che ciascun elettore può firmare una sola volta, pena l’invalidazione della sottoscrizione) sono reperibili sul sito dei promotori (generazionifuture.org/il-significato-del-referendum-contro-la-guerra-e-a-favore-della-sanita-pubblica/); sarà possibile firmare di persona presso il comune di residenza o nei banchetti presenti nelle principali città italiane oppure online, pagando un piccolo contributo di poco più di un euro. Il primo quesito, come si legge sul sito dei promotori, mira a “impedire la tendenza alla privatizzazione dei servizi per la salute ed il conflitto di interessi nell’allocazione degli ingenti fondi pubblici per la sanità”, cancellando la possibilità per le Regioni – ente gestore del sistema sanitario a livello locale – di avvalersi di soggetti privati nelle attività di programmazione dei servizi, al fine di scongiurare situazioni di potenziale conflitto d’interesse; ricordiamo che il costo stimato della sanità pubblica in Italia corrisponde a circa il 7 per cento del PIL. Si badi bene che il quesito non mira affatto alla esclusione dai servizi dei privati in regime di convenzione e/o degli enti no profit, ma investe solo le attività di pianificazione dei servizi. Il testo del quesito proposto è il seguente: «Vuoi tu abrogare l’art. 1 (Programmazione sanitaria nazionale e definizione dei livelli uniformi di assistenza), comma 13, decreto legislativo n. 502/1992 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Gazzetta Ufficiale n. 305 del 30 dicembre 1992 – Supplemento ordinario n. 137)) limitatamente alle parole “e privati e delle strutture private accreditate dal Servizio sanitario nazionale”?». In merito, invece, all’invio delle armi i quesiti proposti sono due, con l’obiettivo dichiarato – leggiamo sempre sul sito dei promotori – di “impedire la possibilità che venga rinnovato l’invio di armi, mezzi, equipaggiamenti e materiali militari ai Paesi coinvolti nel conflitto in corso”, impedendo ulteriori finanziamenti in tal senso, senza però prendere posizione per nessuna delle parti in campo. Il testo del quesito è il seguente: «Vuoi tu che sia abrogato l’art. 1 del decreto-legge 2 dicembre 2022, n. 185 (Disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorita’ governative dell’Ucraina), convertito in legge n. 8 del 27 gennaio 2023 nelle parole: “E’ prorogata, fino al 31 dicembre 2023, previo atto di indirizzo delle Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorita’ governative dell’Ucraina, di cui all’art. 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, nei termini e con le modalità ivi stabilite.”?» A questo se ne aggiunge, senza sostituirlo, un secondo dedicato allo stesso tema, volto a privare il Governo del potere di derogare al divieto di esportazioni di armi in teatri di guerra attraverso la semplice informativa al Parlamento, senza passare per un iter decisionale di approvazione da parte delle Camere. Questa la formulazione: «Volete voi che sia abrogato l’art. 1, comma 6, lettera a), legge 09 luglio 1990, n. 185, rubricata “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”, e successive modificazioni (che prevede: “6. L’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i princìpi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere” limitatamente alle parole “o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere”?». Sarà interessante vedere l’esito finale della raccolta firme e, soprattutto, se i quesiti passeranno il vaglio di ammissibilità della Corte costituzionale. Il tutto senza mai dimenticare che tutti i sondaggi certificano la contrarietà della maggioranza degli italiani all’invio delle armi per il conflitto in corso.
di Paolo Arigotti