Le elezioni politiche in Grecia, tenutesi lo scorso 25 giugno, hanno segnato la vittoria del partito Nea demokratia del primo ministro in carica Kyriakos Mitsotakis, che col 40 per cento circa dei voti, ha conquistato la maggioranza assoluta del Parlamento (158 seggi su 300).
Tra le maggiori sfide che attendono il nuovo governo la crisi economica, la gestione dei migranti e i rapporti storicamente tesi col vicino turco. Ricordiamo che la recente riforma proposta dalla UE per il sistema dell’accoglienza dei migranti, che interessa molto da vicino anche l’Italia, prevede un nuovo sistema di ricollocamento delle quote, distribuendole tra i vari paesi, ma non incide minimamente sul principio che la prima accoglienza spetti al paese di arrivo. E il rimpallo delle responsabilità di fronte a troppi eventi tragici, ultimo in ordine di tempo il ribaltamento lo scorso 14 giugno di un barcone di migranti al largo del Peloponneso, costato la vita a centinaia di persone, non è che l’ennesimo capitolo di questa triste vicenda; lo stesso dicasi per le contestazioni sulla gestione dei campi profughi e centri di prima accoglienza, “scaricati” in toto sui paesi di primo sbarco. Per quanto concerne i rapporti con la Turchia, non sarà facile intervenire su relazioni che per ragioni storiche sono caratterizzate da forti tensioni tra Atene e Ankara, a cominciare dalle dispute sui confini marittimi e sui migranti, questi ultimi usati da Ankara come arma di pressione sulla UE. I pessimi rapporti personali tra i due leader appena riconfermati non faciliteranno le cose, per quanto Erdogan abbia espresso l’auspicio di una nuova era nelle relazioni tra le due nazioni, entrambi membri della Nato. Per la verità le tensioni con la Turchia hanno portato qualche vantaggio ad Atene, che ha potuto fare pressione sugli USA per ottenere un nuovo accordo militare, esercitazioni congiunti e una fornitura di F35 (in consegna però a partire dal 2028). Si tratterà di vedere come andranno le cose nel prossimo futuro.
di Paolo Arigotti