Gaetano Iannotta, avvocato di lungo corso e direttore nei ruoli del Ministero della Giustizia di recente è stato insignito del Premio della Critica nella sezione Saggi inediti del Premio Letterario Nazionale “Caffè delle Arti” di Roma per il suo saggio “L’Eloquenza Forense a Parigi”.
1. Carlo Marino: Gaetano Iannotta il tuo è un percorso di ricerca che è al tempo stesso studio dei grandi oratori e osservazione critica della realtà, compiuta soprattutto attraverso l’esercizio della professione forense. Entrando subito “in medias res” che ne è dell’eloquenza oggi?
Gaetano Iannotta: Sono in molti a sostenere – ed io ritengo a torto- che l’eloquenza sia nata, si sia sviluppata e sia morta durante l’antichità. Gli antichi, è vero, ci hanno lasciato in qualsiasi genere dell’oratoria modelli di ogni più ampia ammirazione. Una tale ammirazione per questi geni divini, come Demostene per i greci e Cicerone per i romani, che continua ai nostri giorni. In realtà ogni epoca ha conosciuto sia eccellenti modelli di eloquenza che oratori dotati di sola facondia che non è di per sé indicativa di un oratore eloquente ma tutto al più di un parlatore dalla lingua sciolta e ben allenata. L’eloquenza, scientia bene dicendi, implica invece che il buon oratore non soltanto persuada bene, ma dica il bene. Oggi purtroppo vi è la tendenza a prediligere il parlare con scioltezza rispetto all’arte del parlare con eloquenza.
2. Carlo Marino: Persuadere, soprattutto mediante la padronanza delle tecniche di argomentazione, è un esercizio che può ancora ritenersi vivo anche al di fuori delle aule di giustizia?
Gaetano Iannotta: L’argomentazione, che, come tu ben sai, corrisponde a quella che i latini definivano inventio, è solo la prima parte dell’oratoria classica che si compone anche della dispositio, elocutio, actio e memoria. In realtà sono in molti a ritenere che l’argomentazione sia la componente prevalente rispetto alle altre. In verità io ritengo che tutte le parti dell’oratoria concorrono, con pari forza, a formare un ottimo oratore in ogni genere dell’oratoria sia essa giudiziaria, deliberativa o epidittica. Dunque non solo l’oratore forense ma anche il conferenziere e il politico sono tenuti a padroneggiare tutte le tecniche dell’oratoria. In qualsiasi genere si versi, è necessario precisare che l’oratore prudente è tenuto ad operare oculatamente la scelta degli argomenti appropriati dopo averli ricercati alla stregua di una battuta di caccia in cui si setaccia l’intero terreno che si calpesta.
3. Carlo Marino: E l’eloquenza in politica al tempo delle campagne elettorali sui social media?
Gaetano Iannotta: I destinatari dei social media, poiché ricercano informazioni immediate e dirette, spesso preferiscono l’utile all’onesto. In questo caso, purtroppo, il politico non ha più bisogno di fare ricorso all’eloquenza ma ha necessità di utilizzare le tecniche del propagandista che deve tendere soltanto ad accattivarsi il benevolo ascolto del pubblico.
4. Carlo Marino: “La filosofia ti dirà cosa dire, l’eloquenza ti dirà come dirlo” scriveva Marco Cornelio Frontone, II sec. d.C. Quanta importanza ha oggi il “come dire”?
Gaetano Iannotta: Ti rispondo con le parole del maggior filosofo del linguaggio, Wittgenstein: “La scelta delle nostre parole è oltremodo importante, perché dobbiamo cogliere esattamente la fisionomia delle cose.” Le parole, dunque, devono essere cesellate al bulino e lavorate al mazzuolo; per nulla auliche e tutte miranti alla creazione di immagini vive. La parola avrà sempre la sua importanza in qualunque epoca, così come nell’attuale società globale e di rete, e solo essa potrà decretare il successo di un uomo perché tutte le cose, non vi è dubbio alcuno, si debbono fare con le parole o con le lettere, ed io non riesco onestamente ad immaginare un’epoca futura in cui l’uomo potrà fare a meno di esse.
5. Carlo Marino: Potresti anticipare qualcosa del tuo saggio “L’Eloquenza Forense a Parigi”?
Gaetano Iannotta: Questo saggio è un’orazione che ho immaginato di pronunciare dinanzi all’Accademia di Francia per rispondere all’interrogativo se l’eloquenza, ed in particolare quella forense, si elevò esclusivamente in Atene ed in Roma, ad un grado, che più non raggiunse. L’opera prende le mosse dal periodo in cui apparvero i primi oratori a Parigi per poi delineare gli sviluppi dell’oratoria forense passando dall’Ancien Régime alla Rivoluzione Francese per giungere all’età napoleonica e attraversare tutto il secolo d’oro dell’eloquenza forense fino al Novecento. Il saggio ricostruisce le figure di dieci grandi oratori più rappresentativi di Parigi, facendo emergere dal sottosuolo della storia anche personalità minori e dimenticate.
6. Carlo Marino: Secondo te, chi potrebbe essere definito un grande oratore oggi?
Gaetano Iannotta: Durante tutto il Novecento, nel campo dell’oratoria forense ed epidittica, vi fu un’ampia e gloriosa tradizione italiana ma almeno quattro eccellenti oratori rifulsero per la luce del loro stile: Gennaro Marciano, Enrico De Nicola, Giovanni Porzio ed Alfredo De Marsico. Essi si distinsero sia come insigni avvocati che illustri conferenzieri. I loro pregi straordinari si colgono a vista d’occhio e si possono riassumere nel modo seguente: De Nicola ebbe sottilità, Porzio acume, De Marsico eleganza, Marciano forza. Tacito nel Dialogus de oratoribus esordisce dolendosi del fatto che alla sua epoca faceva fatica a ricordare persino il nome di un oratore. Questo accade perché spesso il genio di un uomo è sempre, dal principio della vita, sconosciuto sia a sé stesso che agli altri. Per l’indicazione di “un grande oratore oggi”, io sinceramente non ritengo di essere più illuminato del “massimo pittore dell’antichità”, ma mi corre l’obbligo di riferire che i quattro grandi oratori che abbiamo citato, grazie allo sforzo di rifarsi alla tradizione classica, sono essi stessi esempio di stili di eloquenza che i secoli incessantemente affinano. Allora i giovani, dopo aver emulato i pregi delle orazioni dei grandi oratori greci e latini considerati esemplari di lingua e di stile, seguano attentamente la perenne evoluzione che l’eloquenza ha subito nei secoli, ma il loro spirito sia, costantemente, l’ispirazione di un proprio stile per la creazione di opere libere, spontanee, originali.
di Carlo Marino
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