“La diplomazia dell’arroganza” di Luigi Troiani

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È stato presentato a Roma il 18 gennaio 2024 il volume di circa mille pagine “La diplomazia dell’arroganza” del professor Luigi Troiani, in un evento moderato da Simona Agostini, presidente di Pleiade International Award Franz Ciminieri e con la partecipazione on line da New York di Stefano Vaccara corrispondente per Italpress.

Fin dall’introduzione intitolata “Rari nantes” – tratta dal secondo emistichio di un verso (I, 118) dell’Eneide di Publio Virgilio Marone (Rari nantes in gurgite vasto «rari nuotatori nel vasto gorgo») – l’autore sostiene che gli Stati, come sono stati conosciuti fino ad oggi, stanno naufragando perché non fanno più il benessere dei cittadini. Essi si trovano di fronte ad un bivio esistenziale: invece di avere buoni rapporti con altri Stati sono sempre più impegnati a fare la guerra. La cultura degli Stati è diventata una cultura distruttiva: guerra all’esterno o imposte elevatissime sui propri cittadini. A questo punto, gli Stati saranno costretti o a seguire un percorso di pacificazione e giustizia che porti ad un comportamento razionale delle relazioni internazionali, oppure vedranno deperire il proprio ruolo a rischio di diventare irrilevanti.

 Lo Stato essenzialmente sta mancando ai suoi poteri e si pone il problema del perché uno stato dovrebbe continuare ad esistere. Lo Stato sta rischiando di deperire di fronte al ruolo sempre più crescente delle multinazionali e dei non-state actors. Nulla nella storia umana è eterno e, per l’autore, gli Stati sono sorti ad un certo punto della storia e ad un certo punto della storia potrebbero finire. Per evitare il loro deperimento, l’avanzare verso il “gorgo” che la storia potrebbe decretare nei loro confronti, sarebbe auspicabile che essi cessino l’arroganza che sta caratterizzando il loro comportamento e si aprano a trattative e al multiculturalismo cooperativo. Attualmente ci sono nel mondo circa 181 conflitti – Papa Francesco: “Viviamo una terza guerra mondiale combattuta a pezzi” – accompagnati da un’ingiustizia crescente là dove non ci sono guerre. Dal Covid-19 in poi i cinque uomini più ricchi al mondo hanno raddoppiato la propria ricchezza – secondo i dati Oxfam – incrementando la propria ricchezza di 14 milioni di dollari all’ora, mentre cinque miliardi di persone sono diventate più povere. Dalla guerra di Corea in poi non sono mai terminate le guerre. Le guerre contemporanee non risolvono, sono strumenti desueti e bisogna creare altre opportunità per la soluzione delle controversie. Le guerre, anche quelle “non da fine del mondo” non risolvono i problemi, e quasi mai portano il successo in chiave politica, economica, religiosa o ideologica. Attraverso la diplomazia dell’arroganza gli Stati sono tornati all’uso della forza, uno strumento anacronistico per raggiungere obiettivi prefissati. L’arroganza del potere, della ricchezza sta tornando nella pratica diplomatica. È necessario riacquistare la “Fiducia” nelle relazioni internazionali e, in tempi pericolosi come quelli che il mondo sta vivendo, la ricerca della giustizia deve sempre coniugarsi con la garanzia di sopravvivenza del pianeta. I vicini o fanno la guerra o si danno fiducia. Il regionalismo cooperativo è una delle carte giocabili. Non bisogna rinunciare mai alla ricerca dei mezzi per raggiungere la pacificazione. La pace è uno status, la pacificazione è un “motus” per evitare l’alea della reciproca distruzione garantita, sorta di “grande fuoco d’artificio” al termine del quale resterebbe solo la cenere della specie umana.

di Carlo Marino

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