L’attualità di questo romanzo trova il suo fondamento nel fatto che Milton potrebbe essere un personaggio che agisce allo stesso modo in qualsiasi epoca e guerra, dove levicissitudini del protagonista sono intrecciate in modo indissolubile tra questioni pubbliche e private. Ma sono queste ultime che faranno arretrare in alcuni momenti il suo impegnocivile nella Resistenza perché l’amore sembra essere l’elemento propulsivo, ciò che farà agire questo giovane dannato e romantico in certe situazioni, anche brutalmente e contro i suoi propositi civili e morali.
Il libro, pubblicato postumo nel 1963, narra le vicende del giovane Milton, un quasi alter ego di Fenoglio, nel contesto della guerra civile italiana fra partigiani e nazifascisti negli ultimi mesi del 1944 e lo scenario che fa da sfondo al romanzo sono le Langhe piemontesi. La storia inizia in un giorno del novembre 1944, quando il giovane protagonista, già partigiano presso una brigata nelle colline vicino ad Alba fa un sopralluogo con un compagno alla villa dove abitava la sua ragazza. E qui con la tecnica dell’ellissi temporale lo scrittore introduce certe scene in cui vengono ricordati momenti spensierati di Milton vissuti con la ragazza di cui era innamorato, Fulvia e l’altro ragazzo, un loro amico in comune, Giorgio Clerici, personaggio più attraente del protagonista, perché più bello e appartenente ad un ceto sociale benestante come Fulvia. Milton viene a sapere per caso dalla governante, che la ragazza non abita più là, e che poco tempo prima si incontrava presso la villa, da sola con Giorgio, facendo intuire che tra i due ci fosse qualcosa di più di un’amicizia.
A questo punto la vicenda intera si mette in moto: tutto il peregrinare del giovane partigiano attraverso i percorsi accidentati delle colline, con il nemico nazifascista sempre in agguato si riduce ad una questione privata, poiché le notizie apprese sul rapporto tra Giorgio e Fulvia saranno la sua ossessione e condizioneranno le sue azioni più delle vicende politiche che fanno da cornice al romanzo, “più niente mi importa. Di colpo, più niente. La guerra, la libertà, i compagni, i nemici. Solo più quella verità”.
Da quando si viene a sapere di quella presunta relazione, sembra quindi cambiare il ritmo della storia che diventa più incalzante e anche il fine del protagonista, dove la ricerca della verità e dell’amore (forse mai corrisposto da Fulvia) sono ostacolati non solo dall’imminente rischio degli agguati dei nemici.
Infatti, gli stessi eventi naturali sembrano la metafora delle sue difficoltà nel rintracciare Giorgio, lo scroscio della pioggia incessante come anche le nebbie delle Langhe che si frappongono davanti a chi non riesce a vedere solo qualche metro più in là sembrano anche complicare la possibilità di arrivare a questa verità privata, che diventa il principale fine della sua missione. Questa spasmodica ricerca sembra non fargli sentire nemmeno più gli spari e la paura delle atrocità della guerra, almeno fino a quando Milton viene a sapere che purtroppo Giorgio è stato fucilato dai nazifascisti. A questo punto la circolarità della storia porta il nostro protagonista a ritornare al luogo dove è iniziato il racconto, cioè alla villa dove abitava Fulvia, per avere eventuali altri chiarimenti dalla governante, ma sarà intercettato da una squadra fascista, che lo inseguirà fino all’entrata in un bosco, dove il nostro partigiano troverà conforto con un finale che lascia una libera interpretazione.
Le responsabilità delle azioni prodotte dal protagonista faranno “sospendere” temporaneamente l’impegno ed i pensieri correlati alla guerra civile, fino a poco prima della fuga dai nazifascisti dove ritroverà, ripensando a Fulvia negli ultimi istanti della sua corsa e forse della vita, il senso del proprio agire civile nella lotta partigiana, appagato dall’accertata amara verità di un amore incompiuto.
di Antonino Lo Giudice