Il catalogo di Ibex edizioni, specializzato in temi come marketing, imprenditoria, sociologia e filosofia e con uno speciale focus sul tema del “consenso”, si arricchisce di un’ulteriore opera, l’autobiografia di Andrew Carnegie, disponibile sul sito della casa editrice. La storia di Andrew Carnegie, nato in Scozia nel 1835 e naturalizzato americano, è assieme fuori del comune e paradigmatica. Partendo dalla fine, gli ultimi anni della sua vita, conclusa a Lenox (Massachusetts) l’11 agosto del 1919, furono dedicati quasi esclusivamente alla filantropia, favorendo l’istituzione di università, biblioteche e musei, sia negli Stati Uniti che all’estero, oltre che di note fondazioni come la Carnegie Corporation, la Carnegie Hall, la Carnegie Foundation e il Carnegie Endowment for International Peace. Eppure, la sua vita di grande successo come imprenditore del settore dell’acciaio non era iniziata sotto i migliori auspici. Abbandonò la Scozia appena tredicenne, a causa della miseria e della fame causata dall’avvento della rivoluzione industriale, per andare a cercare fortuna in America, precisamente Pittsburgh, in Pennsylvania, dove si trasferì a vivere con la sua famiglia nel 1848. Lasciati prematuramente gli studi, iniziò con una serie di lavori umili, prima come operaio in fabbrica e poi telegrafista. Nel settore ferroviario, grazie a un innato talento per i business (qualcuno dice che il suo personaggio ispirò quello di Paperon de’ Paperoni), accompagnato da una forte determinazione e chiari obiettivi, fece la sua fortuna in tempi relativamente brevi, raggiungendo il traguardo di una vita di successo e prosperità invidiabili. Per intenderci, la ricchezza accumulata da Carnegie ammontava, secondo alcune stime, a oltre il 2 per cento del PIL americano dell’epoca, quando egli vendette alla JP Morgan la Carnegie Steel Company, gruppo industriale da lui fondato nel 1865 e divenuto una delle più importanti nel ramo siderurgico, ceduto per la cifra record di 480 milioni di dollari: secondo la rivista online AskMen il suo patrimonio (rivalutato al 2008) sarebbe stato il secondo più alto di sempre, mentre per Forbes sarebbe stato “solo” il quinto in rapporto al prodotto interno lordo statunitense. Nella sua vicenda non mancano le ombre, come i conflitti sindacali con i lavoratori alle migliaia di biblioteche costruite a suo nome in tutto il mondo, che però nulla tolgono alla straordinarietà del personaggio. Per curiosità, nel corso del suo brevissimo pontificato, Papa Giovanni Paolo I lo citò due volte nelle sue udienze, parlando di temi come l’umiltà e la speranza. L’autobiografia è preceduta dalla prefazione curata da Alfio Bardolla, imprenditore e formatore in materia finanziaria, che delinea i caratteri del personaggio che gli consentirono, da una posizione umilissima, di raggiungere vette inimmaginabili, incarnando il mito del “sogno americano”. Tra gli scopi del volume, quello di offrire spunti e ispirazione per chiunque, con costanza e determinazione, voglia impegnarsi per migliorare la propria vita personale e professionale.
di Paolo Arigotti