Dal 17 al 23 giugno 2021 al Cinema Farnese in Roma è tornata la vetrina sul miglior cinema d’autore dei paesi dell’Estremo Oriente. Una manifestazione che, insieme a proiezioni di film inediti, ha organizzato in passato anche numerose retrospettive dedicate ai maestri e invitato ospiti di gala. Quest’anno un’edizione in sicurezza con molte novità e due giornate-evento speciali dedicate alla Corea e al Vietnam.
28 lungometraggi e 2 cortometraggi provenienti da 11 paesi dell’Estremo Oriente (Giappone, Corea del Sud, Cina, Filippine, Hong Kong, Taiwan, Indonesia, Malesia, Thailandia, Vietnam e Singapore), con 5 anteprime internazionali, 6 anteprime europee e numerose anteprime italiane.
Asian Film Festival, organizzato da Cineforum Robert Bresson e diretto da Antonio Termenini, ha presentato una selezione del meglio del cinema dell’Asia orientale, arthouse e di genere, con una grande attenzione per gli esordi e i giovani registi della ricca sezione Newcomers.
Il film di apertura della diciottesima edizione è stato “Wife of a Spy” di Kiyoshi Kurosawa, già vincitore del Leone d’Argento all’ultimo festival di Venezia. Tra gli altri film dal Giappone, ci saranno gli stranianti, divertenti e pieni di contaminazioni “Dancing Mary” di Sabu e “Red Post on Escher Street” di Sion Sono e il più autoriale “Under the Stars” di Tatsushi Ohmori.
In collaborazione con l’Ambasciata del Vietnam in Italia è stato inoltre organizzato un Vietnam Day, che ha presentato 4 lungometraggi in anteprima assoluta. Si è passati dagli straordinari successi, ancora nelle sale in Vietnam, “Dad I’m Sorry”, commedia generazionale, e “Blood Moon Party”, nuovo inaspettato remake di “Perfetti sconosciuti”, per giungere all’affascinante “Rom” e l’horror “Home Sweet Home”. L’iniziativa ha portato a compimento una fruttuosa collaborazione con il Vietnam, dopo la promozione di cinema italiano a Hanoi e Ho Chi Minh City tenutasi lo scorso anno in collaborazione con l’Ambasciata italiana a Hanoi e il consolato a Ho Chi Minh City.
Dalla Cina, sono stati presentati diversi film. Gli spiazzanti e abbacinanti “The Waste Land” e “Sons of Happiness”, firmati da registi esordienti che però dimostrano una grande maturità e uno sguardo forte e riconoscibile, a “Mosaic Portratit”, inteso ritratto di un’adolescente vittima di un abuso.
Altri temi che hanno percorso in filigrana il festival sono i difficili e complessi rapporti famigliari (il cinese “Grey Fish”, da Singapore “Leaving Home”, il malese “Sometime, Sometime”, “Malu” di Edmund Yeo, il filippino “Tangpuan”), il senso di perdita dovuto a problemi economici (“Repossession”), lo sviluppo sostenibile e i cambiamenti climatici dell’omnibus che attraversa cinque paesi “Mekong 2030”, seguendo il corso del fiume Mekong.
Hanno completato il programma “Genus Pan” del maestro filippino Lav Diaz e l’anteprima europea dell’hongkonghese “Stoma”, film quasi-biografico sul fotografo e regista prematuramente scomparso Julian Lee.
di Eleonora Marino