Dopo il grande progetto di arte pubblica che ha trasformato via Vittorio Veneto in una galleria d’arte a cielo aperto, portando nella strada simbolo della Dolce Vita il suo “Lobster Empire” – l’installazione di sculture aragoste di grandi dimensioni in corso fino a gennaio – l’artista britannico Philip Colbert è tornato a Roma con la sua mostra personale The Lobster Empire presso il presso il Complesso di San Salvatore in Lauro, in programma dal 9 novembre 2022 fino all’8 gennaio 2023.
Philip Colbert (Scozia, 1979), considerato tra gli artisti più innovatori dello scenario contemporaneo, artista poliedrico e attivista per l’ambiente al fianco di Platform Earth – l’associazione artistica ambientale che riunisce scienziati, attori, poeti e altri noti artisti inglesi come Brian Eno e Marina Abramović -, è anche un vero e proprio pioniere del metaverso. Il suo lavoro attraversa con disinvoltura la pittura dei maestri della storia dell’arte, il digitale e la pop art. Il tutto con un gusto satirico e provocatorio che gli è valso la consacrazione nel firmamento dell’arte internazionale come il “figlioccio di Andy Warhol”.
La mostra romana è stata realizzata da Bam srl in collaborazione con Studio Philip Colbert e Catherine Loewe. Philip Colbert vi presenta una selezione dei suoi lavori più celebri, già esposti in importanti istituzioni in tutto il mondo – Tate Modern di Londra, Van Gogh Museum di Amsterdam, Modern Art Museum di Shanghai, Hong Kong Museum of Art, Multimedia Art Museum di Mosca – e note gallerie come la Sejong Gallery di Seoul, la Whitestone Gallery di Taipei, la Saatchi Gallery di Londra e Los Angeles e la Gallery Nichido di Tokyo – solo per citarne alcune.
Sono diciotto le opere in mostra, tra scultura e pittura, che raccontano il mondo di Colbert racchiuso nel suo personaggio più iconico: l’aragosta, “un cartone animato contemporaneo protagonista del Surrealismo”, quasi un alter ego attorno al quale l’artista è riuscito a costruire un seguito globale, lanciando di recente un innovativo progetto comunitario sul metaverso: “Lobstars”, una collezione di 7.777 aragoste NFT, tra cui alcune estremamente rare e preziose, acquistando le quali i collezionisti, hanno ottenuto anche la cittadinanza di Lobsteropolis City, l’intera città dedicata all’aragosta, che Colbert ha fondato sulla piattaforma del mondo virtuale in 3D, Decentrentraland. Un progetto virtuale ma con importanti ricadute nel modo reale. La cospicua somma ricavata dall’operazione è stata infatti devoluta alla ricerca a favore del benessere degli animali marini, in linea con le ultime direttive del governo britannico.
In mostra si trovano la serie di preziose sculture in marmo bianco di Carrara che riproducono l’aragosta in scene classiche: il combattimento con il Minotauro, il taglio della testa di Medusa o la lotta con il serpente come nel gruppo scultoreo del Laocoonte, l’icona prototipica dell’agonia umana nell’arte occidentale. L’altra parte dell’esibizione è invece dedicata ad una selezione di opere pittoriche, tele multistrato in olio dai colori forti, che raccolgono immagini pop riconoscibili in tableaux pieni di ironia.
Ma l’immaginario dell’artista non si ferma agli evidenti rimandi ai pittori pop, come Andy Warhol, Richard Hamilton, Roy Lichtenstein e James Rosenquist, ben visibili nell’ossessione per le immagini di consumo e per i simboli della cultura di massa. La sua passione per la filosofia e la storia dell’arte, lo studio delle tecniche compositive di antichi maestri come Paolo Uccello, Peter Paul Rubens e Anthony Van Dyck, che Philip Colbert reinterpreta con l’umorismo psicologico tipico dei surrealisti si possono riconoscere ad una lettura più accorta. Si tratta di un dialogo tra passato e presente che può risultare a tratti dissonante e che si riverbera sulla città eterna, un luogo in cui la vivace vita contemporanea si scontra senza soluzione di continuità con le antiche civiltà.
di Eleonora Marino