AAA – RIFORME STRUTTURALI CERCASI, PERPLESSITA’, OSSERVAZIONI, PROPOSTE

La CISAL, in occasione degli incontri d’agosto con il Governo, ha ribadito la necessità di vedere approvate riforme strutturalipiuttosto che i soliti interventi tampone che servono soltanto a spostare nel tempo la soluzione dei problemi del Paese, riforme che devono riguardare SISTEMA FISCALE, WELFARE, PREVIDENZA, REGOLE DEL MERCATO DEL LAVORO, ambiti che sono profondamente interconnessi e, quindi, agire sull’uno senza intervenire sugli altri risulterebbe inefficace se non, addirittura, controproducente.

Su questi temi la CISAL si è dichiarata pronta ad un metodo condiviso di confronto senza preconcetti e senza tabù, con la sola condizione che venga riconosciuto lo strumento della partecipazione per non mortificare ulteriormente la dignità del lavoro e del lavoratore, come, invece, è avvenuto nel Pubblico Impiego con la riforma Brunetta, ma valorizzando competenze, merito e responsabilità, per assicurare al Paese obiettivi di crescita, di equa distribuzione del reddito, di occupazione

La strada è sicuramente in salita, anche (ma non solo) per effetto della dimensione internazionale della crisi economica, per cui appare indispensabile trovare solide intese sulle riforme da apportare al sistema attuale ai fini della stabilità, della crescita e della coesione sociale.

Il Coordinamento Sindacale Inail ed il Sindacato Autonomo Dipendenti Inail in Pensione hanno raccolto, da parte dei rispettivi aderenti, una serie di “perplessità” – come del resto era prevedibile – relativamente alla cd.Manovra di Ferragosto ed al suo strano iter (per tacere della manovra di luglio …), ma fa piacere rilevare come queste sono state presentate in un’ottica sicuramente propositiva in quanto accompagnate da una serie di proposte che, per molti aspetti, possono essere considerate assolutamente non banali.

La più segnalata fra le “perplessità” riguarda, sicuramente, l’iniquità dei provvedimenti proposti (ma anche di quelli ancora oggi ipotizzati) che sono palesemente (c’è chi dice “sfacciatamente”) rivolti soltanto “contro” quella ampia fascia di popolazione a reddito fisso e facilmente controllabile – pubblici dipendenti e pensionati – trascurando, in modo ritenuto arrogante, tutti quelli di cui, come risulta più che evidente, non si intende controllare il reddito.

Perplessità che evolve in preoccupazione quando si sentono messaggi neppure tanto criptici relativi alla soppressione della “tredicesima” o al pagamento della liquidazione con BOT non negoziabili. Eppure, come ci viene ricordato (ed a ragione), la “tredicesima” altro non è se non un tredicesimo della retribuzione annua contrattualmente prevista: allora rinunciamo a dividerla per tredici, dividiamola per dodici e poi vediamo se qualcuno osa mettere in discussione lo stipendio di agosto o di dicembre. I sacri testi sostengono, inoltre, che la liquidazione, in qualsiasi forma (TFR o TFS), così come la pensione, costituiscono semplicemente “salario differito”.

A tale proposito, è necessario evidenziare che risultano al secondo posto le segnalazioni relative al “fastidio” che è derivato dall’atteggiamento di supponenza, di astrazione dal reale e di insensibilità circa i problemi quotidiani della “gente” da parte di quasi tutti i politici che si sono espressi sulle citate manovre utilizzando il mezzo televisivo, a partire da chi ha spudoratamente dichiarato che il suo cuore “gronda sangue” e che “non si è messa la mano nelle tasche degli italiani”, ritenuti, evidentemente, un popolo di ingenui, coprendosi nuovamente, per quanto superfluo, di ridicolo.

La terza, ma comunque gravissima, considerazione attiene all’ipocrita tentativo di occultare la gravità del quadro economico generale, proponendo, a luglio, una prima, parziale e del tutto insufficiente soluzione che sarebbe servita soltanto a tacitare gli accorati appelli del Capo dello Stato che, sicuramente, non era l’unico fra i massimi rappresentanti del popolo italiano ad essere a conoscenza dell’evoluzione negativa dell’economia internazionale.

Una ulteriore serie di perplessità, utile a valutare la presunta efficacia, in termini economici e di ottimizzazione dello stato sociale, delle soluzioni adottate o proposte dal Governo, riguarda sia la cd. “patrimoniale”, sia l’ipotizzato (e da tanti atteso) condono fiscale e/o edilizio, sia l’aumento dell’IVA; sia la riforma previdenziale, che il contributo di solidarietà; sia la mobilità forzosa per i Pubblici Dipendenti, che il rinvio della liquidazione; sia i sogni di riduzione del numero dei Parlamentari e di soppressione dell’ente Provincia, sia l’accorpamento di Comuni; sia i tagli alla spesa pubblica ed agli organici della Pubblica Amministrazione, sia la riduzione del numero dei componenti del CNEL sulla quale si potrebbe aprire un capitolo a parte.

Rispetto a questo quadro, che è facile valutare del tutto insufficiente per affrontare il difficile momento economico, politico e sociale, qualcuno ha voluto ricordare qual è lo stato delle relazioni sindacali al quale ci ha condotto “l’accanimento terapeutico” nei confronti del Pubblico Impiego da parte dei Ministri Brunetta, Tremonti e Sacconi con l’accondiscendenza di alcuni Sindacati:

– gli aumenti salariali previsti dall’ultimo Contratto non coprono neppure l’inflazione;

– il Governo si è impegnato a restituire i soldi precedentemente sottratti attingendo ai risparmi (se ce ne saranno …);

– il blocco dei contratti durerà (per ora) fino al 2017.

A fronte di queste manovre che sono in tutta evidenza ulteriormente depressive dell’economia, quali proposte alternative può fare il Sindacato? Ne indichiamo alcune fra quelle più significative e meno scontate finora suggerite dai colleghi:

· far emergere l’economia pervicacemente “non osservata” rendendo reale la tracciabilità dei compensi per prestazioni professionali, anche attraverso la riduzione dei pagamenti in contanti, e introducendo forme di imposizione sulle transazioni finanziarie (ricchezza “in movimento”).

· “barattare” l’onestà con il guadagno, cioè pagare tutti per pagare meno, attraverso l’introduzione della “contrapposizione di interessi” fra fornitore di un servizio o venditore di un prodotto ed utilizzatore od acquirente (in pratica, costringere all’emissione, da un lato, ed alla pretesa, dall’altro, di ricevute o scontrini fiscali); quindi, nessun condono ma, anzi, reintrodurre ragionevoli fattispecie di rilevanza penale in materia di evasione/elusione;

· conseguente deducibilità dal reddito di tutte le spese effettuate, documentate da fattura o ricevuta o scontrino fiscale. Lo scontrino della farmacia, infatti, lo chiedono tutti presentando la tessera sanitaria, perché si può scaricare dalla dichiarazione IRPEF; si potrebbe estendere il sistema a tutte le forme di acquisto di beni o servizi, attraverso la presentazione di un badge elettronico che rilevi il Codice Fiscale, utilizzando, eventualmente, in una fase iniziale gli studi di settore che già hanno individuato le categorie dei maggiori evasori. Con il “sistema” adottato in Cina, inoltre, gli scontrini fiscali sono dei “gratta e vinci” e tutti, perciò, li pretendono;

· può andar bene aumentare l’IVA, anche di due punti, visto che l’Iva, comunque, la devono pagare tutti, anche chi acquista una Ferrari. Ma, a fronte, deve essere corrispondentemente diminuita l’aliquota IRPEF che, come è noto, viene pagata quasi esclusivamente dai lavoratori a reddito fisso e dai pensionati;

· ripristinare condizioni di agibilità operativa nella funzione di accertamento fiscale e contributivo, anche attraverso motivazioni “monetarie” del personale addetto ai controlli in caso di evasione fiscale e contributiva accertata.

Ritenendo che sia troppo difficile spiegare i termini esatti delle vicende economiche e contrattuali, e di troppa responsabilità il formulare proposte alternative senza toccare interessi e suscettibilità, qualche Organizzazione Sindacale ha preferito evitare il confronto diretto con i lavoratori e li ha chiamati, in beata solitudine, ad una mobilitazione che, purtroppo, generale non è (e non è stata), con il rischio di non valorizzare l’occasione offerta da una crisi di tali dimensioni, per rendere consapevoli i lavoratori stessi e sollecitarli a fare fronte comune nel solco della tradizione italiana del sindacalismo democratico.

Sembrerebbero, quindi, favoriti il metodo di una inutile ritualità del confronto con le parti sociali – il tutto nell’indifferenza dei mass media – nonché il tentativo, operato da alcuni Ministri, di dividere il Sindacato per proseguire su una strada che vede privilegiare gli interessi privati piuttosto che quelli del Paese e di chi, con il lavoro, ne sostiene l’economia ed i servizi propri dello stato sociale.

È compito della Cisal e della Fialp, avendo valutato la situazione in un’ottica propositiva, decidere come ed in quali forme rendere note le proprie proposte, tenendo conto sia della massima visibilità delle azioni sia della salvaguardia delle retribuzioni che già sono in evidente sofferenza.

La Cisal, in particolare, è pronta per una campagna mediatica e di confronto diretto con la politica e le altre parti sociali per veicolare la sua posizione sulle questioni citate in premessa (sistema fiscale, welfare, previdenza, regole del mercato del lavoro), e raccogliere consensi su una linea sicuramente non indolore, in quanto composta di interventi strutturali e non “tampone” ma, principalmente, di equità sociale, un obiettivo irrinunciabile per un Sindacato come quello al quale ci vantiamo di aderire.