L’affluenza ai supermercati da parte dei consumatori è stata incessante e non ha registrato soste di rilievo nel periodo pandemico.
Fortemente incrementato il settore della grande distribuzione dei prodotti di consumo alimentare a causa della paura degli utenti di doversi preparare a lunghi periodi di permanenza in casa.
I supermercati sono stati sempre aperti per favorire l’approvvigionamento delle derrate alimentari ed evitare il proliferarsi di stati di ansia ed affollamenti ingiustificati.
Ciononostante abbiamo assistito a periodi di elevatissimo afflusso, con file che ricordavano i tempi delle vere “crisi alimentari” del dopo guerra.
Rimangono questi, tuttavia, i grandi settori più a rischio di contagio, se si considera il fatto che i beni da acquistare possono essere maneggiati da chiunque: principali luoghi gravemente esposti alla proliferazione e diffusione della ormai, avanzata, terza fase pandemica.
I rischi alla salute gravitano sui consumatori (riverberandosi sulle loro famiglie e sui principali contatti correlati) che vi si recano per soddisfare (anche con eccessiva, ingiustificata frequenza) bisogni primari, ma colpiscono, drammaticamente, coloro che non possono rimanere in cassa integrazione: dipendenti, operai, impiegati, addetti alla cassa o al front-office con i clienti, fornitori.
I prodotti alimentari vengono distribuiti con carichi di merce proveniente, principalmente, anche dall’esterno e ciò avviene quasi quotidianamente.
Il più delle volte i trasportatori vi si recano a conclusione di lunghi viaggi, occasioni in cui non si esclude il possibile, pregresso, infausto, deleterio, poco lontano nel tempo, contatto con contagiati positivi al Covid-19, senza sintomi.
Il nostro governo non ha mai imposto forti limitazioni (né modalità rapide per l’acquisto dei beni di consumo) ma ancora oggi, periodo in cui la ventata epidemiologica non sembra arrestarsi, se veramente vi è la coscienza di potere debellare questa triste ondata batterica, occorre evitare affollamenti, opzionare orari in cui risulta ridotta l’affluenza alle casse, e valutare tempi ridotti, con liste veloci ed ermetiche, ottimizzando i tempi di transito e velocizzando le transazioni, con liste uniche, e periodico/settimanali, atteso che in ogni luogo in cui vi sono parti comuni e prodotti da acquistare, si corre maggiormente il rischio di essere contagiati, ove vi ci si rechi frequentemente.
L’ascensore è un altro luogo che si presta a facili forme di contagio e proliferazioni de virus. E allora necessario abituarsi a nuove forme di utilizzo dello stesso ed all’adozione di nuove forme igieniche delle parti comuni, evitando di utilizzare l’ascensore se non quando strettamente necessario, vigilando sull’operato dell’amministratore di condominio, per verificare l’effettuazione degli interventi di sanificazione e richiedendo di introdurvi il dispositivo fisso di sanificazione.
È auspicabile il suo utilizzo solo ove non diversamente possibile salire a piedi: evitando di toccare parti comuni e proteggendo naso, bocca, occhi con mascherina e occhiali.
Maggiormente a rischio di contagio sono i condomini con elevato afflusso di persone: il rischio aumenta considerevolmente se sono presenti uffici aperti al pubblico o addirittura studi medici.
I dipendenti degli uffici, pubblici e privati, sono notevolmente esposti al contagio.
Negli ultimi mesi si sono registrati tanti casi di diffusione del virus proprio negli ambienti di lavoro, al parziale rientro dal lungo periodo di lockdown.
Continuare a mantenere il distanziamento appare indifferibile e vitale specialmente in contesti nei quali si può essere a contatto con tastiere, tablet, servizi igienici, scrivanie, ambienti comuni.
Per questo lo smart working era stata ritenuta un’opzione di salvaguardia a tutela della salute individuale e di quella pubblica.
Il ritorno alla normalità, sarà possibile solo ove, ancora per un lunghissimo tempo, si continui a mantenere alta la guardia ed a salvaguardare e tutelare la salute individuale e pubblica.
di Angela Gerarda Fasulo