Negli ultimi due anni gli affitti brevi turistici sono stati additati da più parti, come i responsabili dell’aumento dei prezzi degli affitti e della scarsità di alloggi ad uso abitativo sul mercato delle locazioni a lungo termine.
Sindaci e politici vari si sono scagliati contro Airbnb e contro gli affitti turistici in genere, in realtà se si riflette sulla situazione ci si accorge che l’influenza degli affitti turistici sulla disponibilità di appartamenti è in realtà limitata.
Sono altri i fattori che si dovrebbero considerare, motivi quali l’elevato prezzo di acquisto degli appartamenti (che quindi determinano affitti elevati), la paura dei piccoli proprietari di non incassare i canoni di locazione o peggio l’impossibilità di rientrare in possesso dell’appartamento a fine locazione; la situazione peggiorata da una normativa che non tutela efficientemente il proprietario dell’immobile.
Quanto appena ricordato è stato in qualche modo confermato da Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma Spa, in un’intervista al Corriere di Bologna afferma che Il fenomeno Airbnb, benché sia la faccia più visibile di questa evoluzione, rappresenta solo la punta dell’iceberg di una questione ben più complessa.
Certo non si può, inoltre negare, che con circa 6.000 alloggi trasformati in affitti turistici a Bologna non si possa sollevare una domanda cruciale: come equilibrare la necessità di stimolare il turismo con quella di garantire una disponibilità adeguata di alloggi residenziali?
Bisogna sicuramente prendere atto che la dinamica del mercato locativo è stata profondamente influenzata dall’inserimento di piattaforme di affitto breve termine come Airbnb, che hanno creato una competizione quasi insormontabile per il mercato degli affitti tradizionali.
La tentazione di guadagni rapidi ha spinto molti proprietari a deviare dalla locazione a lungo termine, riducendo così la disponibilità di alloggi per residenti e studenti, in una città con una forte presenza universitaria.
Questo spostamento ha portato ad una situazione in cui gli alloggi, che non entrano nel mercato della locazione né a breve né a lungo termine rappresentano una fetta significativa.
Inoltre, l’incentivazione per chi possiede immobili sfitti o li utilizza sporadicamente sembra essere una necessità, per riportare questi alloggi nel circuito residenziale o turistico.
La remunerazione degli affitti tradizionali è un tema scottante. La competizione con il mercato degli affitti brevi rende arduo per i proprietari optare per locazioni a lungo termine, a meno che non vengano introdotte forme di incentivazione efficaci.
Inoltre, la situazione si complica nelle grandi metropoli e città universitarie, dove l’aumento dei flussi turistici e la ritrosia alla locazione coesistono, creando una pressione aggiuntiva sul mercato immobiliare. La situazione a Bologna è emblematica: con circa 25.000 unità abitative non occupate e solo poco più di 50.000 destinate a locazioni “tradizionali”, emerge un disallineamento tra offerta e domanda.
L’analisi suggerisce l’esigenza di un patto di cittadinanza per rendere Bologna più ospitale, dove i proprietari ricevono un riconoscimento e una garanzia in cambio della disponibilità a locare i loro immobili a lungo termine.
La città ha già intrapreso passi verso il consumo zero di suolo, puntando sulla rigenerazione dell’esistente.
Tuttavia, l’indisponibilità di alcuni proprietari di rivedere le aspettative di valore rappresenta un ostacolo significativo per riattivare il circuito immobiliare.
Secondo Dondi riflettendo sul futuro, appare evidente che una strategia a lungo termine da riconquistare per la locazione degli immobili inutilizzati dai privati è cruciale. Allo stesso tempo, la difficoltà di intervenire nel breve termine, data l’intensità del problema, richiede una riflessione approfondita e azioni concrete per assicurare un equilibrio, sostenibile nel mercato immobiliare di Bologna.
Dunque, se guardiamo all’analisi proposta da Dondi ci accorgiamo che ci sono ben 25.000 unità abitative non occupate (contro le 6.000 utilizzate per affitti turistici).
In questo caso, è palese che la carenza di appartamenti sul mercato degli affitti non è imputabile ad Airbnb ed agli affitti turistici in genere, ma ad una scarsa protezione dei piccoli proprietari e soprattutto alla mancanza di incentivi quali una tassazione inferiore a quella attuale e maggiori garanzie, che tutelino il piccolo proprietario contro morosità e occupazioni abusive del proprio immobile.
Alla fine, è la politica che deve intervenire, ma ricordandosi che non può chiedere ai piccoli proprietari di surrogarsi allo Stato nella politica abitativa del Paese senza offrire nulla in cambio e le 25.000 unità abitative sfitte a Bologna sono lì a ricordare, che solo attraverso una maggiore tutela ed una maggiore redditività quelle case potranno rientrare sul mercato immobiliare degli affitti.
di Massimiliano Merzi