Scegli, Consumi e Scarti.
Foto, Videochiamate, Sexting e Ghosting.
La velocità connota e delinea la vita nel nostro secolo, tra cui anche le relazioni che vengono svuotate e si riducono spesso ad immagini da pubblicare per guardare ed essere guardati. Attimi fugaci che ci fanno scivolare da una persona all’altra, parliamo di Tinder, Instragram e Tik Tok che regnano indiscussi su Internet.
Si anima un amore dal consumo istantaneo, equiparabile ad una droga che manda su e poi giù con la stessa velocità, una giostra che dà assuefazione, dove l’altro può essere sfogliato a proprio piacimento e scartato senza pietà quando si è esaurito il criterio di utilità. Spesso l’altro è lasciato appeso e diventa una consolazione momentanea della solitudine ma senza colmarla e di cui disfarsi al più presto. Pensiamo anche ai numerosi siti di incontri e di sesso on line che promettono avventure senza rischi, avventure virtuali alienanti ma eccitanti, senza nessun contatto fisico reale tra i partner.
Questo si configura come Sensation Seeking, ovvero la ricerca di sensazioni forti, associata frequentemente alla tendenza a sviluppare dipendenze comportamentali o da sostanze e sta diventando l’unico modo per percepirci. Ci rimane ben poco spazio per accogliere e rispettare l’altro nella sua diversità e singolarità.
Nelle relazioni fast food si è in cerca di uno specchio gratificante, una ricerca compulsiva fatta di narcisismo e deprivazione, di un amore mancato altrove da colmare, che è diventato abbandonico e inafferrabile, che cerca di essere riprodotto ma viene solo svuotato di senso e umanità. Si cerca l’altro non sapendo stare con sé stessi, si cerca l’altro per non sentire il vuoto del non saper stare soli con sé stessi.
Bauman ci parla di amore liquido, quello diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame, che sono le due ossessioni della sensibilità contemporanea. I legami, ci dice Bauman, vengono sostituiti dalle “connessioni”, ma mentre i legami richiedono un certo impegno, ‘connettere’ e ‘disconnettere’ diventa un gioco e ciò che si guadagna in facilità, scambiata per libertà, si perde in sicurezza.
Si è soli e sole.
Si apre una solitudine profonda e sconosciuta, dolorosa, che non si calma con il like sui social o le fugaci avventure sessuali, una solitudine che non ha voce, mascherata dietro i selfie sorridenti. Ci troviamo scissi: da una parte cerchiamo un individualismo sfrenato come fonte di piacere e godimento, dall’altra quella mossa dal bisogno umano di sentirsi parte di qualcosa di più grande: una coppia, una famiglia, un gruppo.
Ci troviamo a far fronte ad un malessere che impatta con la nostra fragilità, un malessere, che forse non diventa mai una vera e propria patologia, ma che è diffuso molto di più delle già numerose malattie mentali.
Abbiamo bisogno di guardarci dentro e di stare soli per accettare l’insostituibile e potente silenzio dell’ascolto, dell’attesa e della riflessione intesa anche come autoriflessività, strumento indispensabile per una sana relazione con sé stessi.
È necessario scendere in profondità e riconoscere quel vuoto che ci fa vagare alla ricerca disperata di qualcosa da soddisfare a tutti i costi. Abbiamo bisogno di ritrovarci.
di Giulia Celli