Entro questo mese di dicembre, nel rispetto dell’impegno assunto ai fini della razionalizzazione degli enti previdenziali con il Protocollo del 23 giugno 2007, il Governo avrebbe dovuto “presentare un “piano industriale” per conseguire risparmi finanziari pari a 3,5 miliardi di euro”.
Sul prezzo che pagheranno i lavoratori dipendenti ed autonomi in caso d’insuccesso del piano, giudicato di dubbia realizzazione perfino dalla Commissione parlamentare di controllo degli enti, vale a dire sull’aumento della contribuzione dal 2010 e contestuale inevitabile riduzione della busta paga, ci siamo intrattenuti nel numero precedente di Panorama.
Ora il Governo ha chiesto al Parlamento una proroga di un paio di mesi e si sa, nel nostro Paese una dilazione legislativa non si nega a nessun Esecutivo, figuriamoci in materia di riforma previdenziale, cantiere aperto da decenni, tanto più che questa volta il rinvio produce i suoi effetti positivi…per chi ne trae beneficio, cioè i componenti degli organi degli enti in scadenza: Presidenze, CIV, Consigli di amministrazione e così via, i quali saranno tenuti in vita fino al luglio 2008.
Il Ministro del Lavoro ha, comunque, convocato le parti sociali per il 18 dicembre (l’impegno é stato assolto, perbacco!) e ad esse il Ministro comunicherà che per la preparazione del piano industriale saranno incaricati non uno, bensì due advisor; in termini meno anglofili, due società private di consulenza, di certo remunerate profumatamente a valori di mercato.
Due brevi considerazioni: il ricorso all’incarico esterno comporta una spesa che appare superflua di fronte alla larga disponibilità di esperti direttori generali e funzionari tecnici dei Ministeri dell’Economia, del Tesoro e dello stesso Ministero del Lavoro, che si occupano di riforma della previdenza, forse…fin dal momento in cui sono stati assunti.
A parte che le dichiarazioni governative di voler ridurre la spesa per consulenze esterne si dimostrano farisaiche, il marchio d’inettitudine affibbiato all’alta dirigenza pubblica non fa onore al Ministro del lavoro in carica che, come i precedenti, predica bene e razzola male, contribuendo a deresponsabilizzare la struttura decisionale utilizzabile, magari lasciata a bighellonare.
La seconda riflessione fa nascere un sospetto di “danno temuto” per i lavoratori degli enti e si può tradurre, purtroppo, nella previsione ricattatoria già da noi formulata: o la spesa previdenziale diminuisce (anche con la contrazione della forza lavoro) o si aumentano i contributi.
Le consulenze esterne ben si prestano a “coprire” la riduzione del personale in servizio presso gli enti, agevolando un’operazione politicamente indigesta, meglio giustificabile per il Governo dal “motivato parere” di un organismo del mondo privato dell’economia, per definizione “di qualità” e dunque inderogabile anche per qualche parte sociale che, meschina, osasse contestarlo.
Le consulenze private esterne evidentemente non costituiscono una spesa aggiuntiva, anzi sono appropriate se concorrono a garantire il risultato atteso dal Governo e quindi per il Ministro del lavoro, il privato – dirigente o consulente che sia – é bravo e preparato, il pubblico é di per sé incapace; d’altra parte lo ha detto anche il Presidente della Confederazione degli industriali.
Il piano di ristrutturazione degli enti non é stato, appunto, denominato “industriale”? Lo confezioni una società di consulenza presa dal mercato.
Il gioco anche terminologico del progetto, ordito a danno dei lavoratori italiani é fatto: la sempre più astuta trappola di SuperINPS é pronta a ghermirli!