Aria di tempesta sul fronte finanziario che prelude il pericolo di recessione per l’intero pianeta. Il nostro governo ci rassicura che in Italia non c’è da temere, in quanto le banche sono solide e la produzione va avanti, anche se non a pieno galoppo. Allora perché ci dobbiamo preoccupare ?
Rimane, comunque, in piedi la situazione economica italiana molto precaria, anche per responsabilità passate e presenti sicuramente imputabili a scelte avventate in regime di governabilità. Bisogna, altresì, preoccuparci di quanto sta avvenendo sul fronte dei salari e della spesa giornaliera, costretti a far quadrare i conti e potere arrivare alla fine del mese senza subire tracolli. E questo, per la verità, con i tempi che corrono, ci sembra abbastanza difficile che avvenga.
Per quanto riguarda il pubblico impiego, ritenuto artatamente la causa del dissesto dello Stato, il governo già é intervenuto pesantemente, limitando le risorse previste dalla finanziaria per i rinnovi contrattuali del personale dipendente e preannunciando tagli e manovre intesi a ridurre gli organici e gli stipendi, ma mantenendo inalterati le responsabilità, gli oneri e i cicli lavorativi, come dire ai lavoratori di questo settore: solo voi dovete stringere la cinghia per salvare il salvabile. Per quanto riguarda il settore privato, le cose non vanno anche qui al meglio: la riforma della contrattazione tra le parti, Confindustria e Sindacati, si é arenata e non si prevede una soluzione immediata per via delle restrizioni imposte dagli industriali e delle preclusioni sindacali. A parer nostro, comunque, oggi non é più possibile trasferire, come é avvenuto nel lontano 1993, il modello che verrà fuori dall’ipotetico accordo del settore privato in quello pubblico, in quanto in questo lasso di tempo abbiamo assistito ad una serie di anomalie e contraddizioni per le diverse discipline che configurano nei due campi l’attività lavorativa, la sua specificità e funzionalità, nonché gli standard di produttività e i relativi parametri.
Nel caso che si volesse ipotizzare un comune denominatore tra contrattazione pubblica e privata, comunque non si possono trascurare le anomalie esistenti nei due settori, così come avvenuto nel 1993 facendo di tutta l’erba un fascio. Occorre, quindi, ricercare gli opportuni correttivi alle loro differenziazioni, senza alcun tatticismo o prevenzione estranei ai problemi che si vogliono affrontare e dettati unicamente dalla politica e dalle convenienze elettorali. Il problema é molto serio, ci va di mezzo un’intera massa lavoratrice di oltre tre milioni e cinquecentomila, finora vessata con trattamenti giuridici ed economici al di sotto degli altri paesi europei, non a passo con i tempi. Ciò, é risaputo, deriva da una situazione pregressa, che risale all’unità d’Italia, trascurata da tutti i governi che si sono succeduti, i quali non hanno adottato quelle riforme necessarie per rimuovere gli effetti negativi che da sempre hanno minato alla base la pubblica amministrazione, rimasta ancorata a concetti e sistemi sorpassati.
A questo punto non resta che attendere gli sviluppi, se ci saranno, sperando in una volontà innovativa, al di fuori di qualsiasi preconcetto. Intanto auguriamoci di non correre il rischio della recessione, anche se oggi affiorano i segni di questo pericolo quanto mai incombente per la caduta libera senza soluzione delle borse, la sensibile diminuzione dei consumi e per riflesso anche dell’occupazione accrescendo in tal modo la povertà del paese, i salari e stipendi fermi al palo senza possibilità di un loro adeguamento all’aumento vertiginoso del costo della vita. Bisogna accorgersi che non bastano a sedare gli animi le estenuanti assicurazioni verbali da parte governativa, ci vuole una maggiore concretezza tale da far sperare che esse si possano realizzare, perché in caso contrario avremo soltanto scatole vuote sia pure riempite di belle parole. Considerato, però, quanto sta avvenendo in questi giorni, non si presagisce niente di buono. Infatti, limitandoci al pubblico impiego, certamente non sono di rassicurante auspicio i miseri incrementi offerti per i rinnovi contrattuali, pochi spiccioli per un caffè!