MANCATO ESERCIZIO DELLA DELEGA LEGISLATIVA PER LA RIFORMA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE DEI PUBBLICI DIPENDENTI: AD ESSI NON SI APPLICA LA NORMATIVA DI VANTAGGIO PREVISTA PER I LAVORATORI PRIVATI (come invece prevede la Legge 243/2004, Art.1, comma 2, lett. p.). L’attuale quadro normativo:
La Legge “Maroni” n.243 del 2004 aveva delegato il Governo a emanare, entro il 21.9.2005, due decreti legislativi di riforma della Previdenza Complementare:
– il 1° Decreto per i lavoratori privati, stabilendo i principi e criteri direttivi di delega previsti all’art 1, comma 1, lett. c) e comma 2, lett. e), h), i), l), v);
– il 2° Decreto per i pubblici dipendenti, con delega prevista dall’art.2, comma 2, lettera p), stabilendo, per questi ultimi, anche un previo confronto con le OO. SS., le Regioni, gli Enti locali e le Autonomie Funzionali, al fine di armonizzare i principi della Previdenza Complementare con quelli dell’interesse pubblico.
Il Decreto delegato per i lavoratori privati (D.lgs. 252/2005) è stato regolarmente adottato, mentre il Governo dell’epoca si è “dimenticato” di emanarlo per i pubblici, determinando, in tal modo, un vero e proprio vuoto normativo che ha finito per penalizzare il pubblico impiego, privandolo della normativa di vantaggio, prevista per il lavoro privato. Una per tutte:
la rendita complementare del pubblico dipendente è tassata ad aliquota irpef progressiva e marginale (cinque scaglioni dal 23% al 43%), con cumulo con altri redditi, mentre quella del lavoratore privato, ad aliquota sostitutiva dal 15% fino al 9%, dopo 35 anni d’iscrizione al Fondo, senza cumulo con altri compensi, con uno scarto, fra le due tipologie di lavoro, di circa 14/34 punti percentuali, determinando un’evidente disparità di trattamento, con evidenti profili d’incostituzionalità.
Insomma, a legislazione vigente, nel mondo del lavoro risultano in vigore due regimi fiscali per i lavoratori pubblici e privati, in materia di previdenza complementare. Incredibile e inaccettabile!
Il “mostro giuridico” (il D.lgs. 252/2005) che è stato “partorito”, ha inoltre stabilito che il previgente Decreto Legislativo del 1993 n.124 (che ha introdotto la previdenza complementare in Italia), venga abrogato per i lavoratori privati (art. 21 comma 8), mentre dispone che sia applicato “esclusivamente e integralmente“ ai pubblici dipendenti (art.23 comma 6)!
TFR DEI DIPENDENTI PUBBLICI: CAPITALIZZAZIONE “VIRTUALE”, CON SOLDI FINTI
Nella Previdenza complementare pubblica, non riformata, si alligna una sorta di Mercato“virtuale”, parallelo alla Borsa valori.
Infatti, l’urgenza della riforma che doveva armonizzare i principi pubblici rispetto a quelli stabiliti per la previdenza complementare del settore privato, scaturisce anche dalla considerazione che, nel pubblico impiego, con l’accordo Aran – Sindacati del 27.7.1999 (non sottoscritto dallo scrivente, in nome della Confederazione CISAL), accanto al Mercato reale, si è stabilito d’instaurare, in modo surrettizio, un incredibile Mercato parallelo di “capitalizzazione virtuale” (?), a causa della mancata copertura del TFR, per indisponibilità economica da parte dello Stato. Perciò il predetto TFR del dipendente pubblico, iscritto ai Fondi pensione pubblici (Perseo – Sirio, Espero), non essendo costituito da soldi veri, non viene destinato ai Mercati finanziari, ma amministrato e contabilizzato dall’Inps, che, nel corso degli anni, lo rivaluterà fittiziamente (con soldi finti), sulla base del rendimento medio di “un paniere” di altri Fondi pensioni, attivi in Borsa.
Pertanto, al momento della corresponsione della rendita, si dovrà rimediare per coprire (con soldi veri) l’importo dei rendimenti virtuali del TFR, che rappresenta:
– oltre i due terzi della rendita: 6,91% della retribuzione totale della contribuzione versata, pari a 8,91, per i lavoratori assunti dopo il 2000
– ovvero, la metà: il 2% della retribuzione sul totale della contribuzione, pari a 4%, per i dipendenti in servizio prima del 2000.
La conseguenza è che una parte consistente della rendita dovrà essere finanziata dalla Fiscalità generale, in netto contrasto con la struttura del sistema di finanziamento della previdenza complementare, in cui ciascun lavoratore si costruisce la propria pensione con contributi volontari reali, investiti nei Mercati (a differenza del sistema obbligatorio a ripartizione in cui le risorse dei contributi sociali a carico dei lavoratori sono prelevate ogni mese, per pagare le pensioni in essere).
In questo modo, verranno accumulati nuovi debiti a carico delle future Generazioni.
In conclusione diventa indifferibile definire in modo equo e armonico l’iniziativa riformista, già proposta dalla Cisal, in varie Sedi politiche e parlamentari, non ultimo al Ministero della Semplificazione e della Pubblica Amministrazione.
In caso contrario i lavoratori pubblici, già discriminati, potrebbero essere anche raggirati al momento del pensionamento, quando correranno il rischio, fondato, di non vedersi corrispondere una parte consistente della loro rendita complementare, per “incapienza” di risorse finanziarie del Bilancio statale.
LA PROPOSTA CISAL DI RIAPERTURA DEI TERMINI DELLA DELEGA LEGISLATIVA DELLA LEGGE “MARONI”
Poiché:
- Il termine della delega è abbondantemente scaduto;
- La mancata estensione della Riforma della previdenza complementare ai dipendenti pubblici, priva, tra l’altro, questi ultimi della possibilità di usufruire della normativa di vantaggio, anche di natura fiscale;
- La legge di Riforma, rispetto al problema della virtualità del TFR, prevista dalla legislazione vigente, doveva trovare soluzioni compatibili con il sistema a capitalizzazione, con cui è retto l’intero impianto della Previdenza complementare;
- Tale anomala situazione infrange il principio costituzionale dell’uguaglianza davanti alla legge (art.3), nonché quelli dell’”adeguatezza e proporzionalità” della prestazione pensionistica (art. 36, 1° comma e 38, 2°comma, Cost.)
la CISAL propone di riaprire i termini scaduti, a causa del mancato esercizio della delega legislativa, con gli stessi criteri e compiti, previsti dall’art. 1, comma 2, lett. p) della legge “Maroni”.