L’art. 90 del Decreto Rilancio precisa che, per l’intero periodo dell’emergenza Covid-19, i datori di lavoro del settore privato dovranno comunicare al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità smart working.
Il Decreto prevede peraltro che, fino al 31 luglio 2020, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato, con almeno un figlio a carico minore di 14 anni, hanno diritto al lavoro agile, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione e che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, o che non vi sia un genitore non lavoratore. Infine, per i datori di lavoro pubblici e privati, la modalità di lavoro agile potrà essere applicata a ogni rapporto di lavoro subordinato fino alla cessazione dello stato di emergenza e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2020.
Ma cosa avverrà a emergenza finita? “L’obiettivo primario del lavoro agile nell’immediato futuro è quello di migliorare l’organizzazione dell’amministrazione pubblica, al fine di raggiungere il punto di equilibrio tra la maggiore efficienza dei servizi, resi alla collettività ed il benessere organizzativo interno, che può contribuire a maggiori risparmi da parte delle amministrazioni e ad una migliore sostenibilità in termini di impatto ambientale”, ha sottolineato a questo proposito la ministra della Pa, Fabiana Dadone.
Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione, insomma, la Ministra intende “incrementare il ricorso al lavoro agile non solo aumentando la percentuale minima del personale”, che a norma vigente è pari al 10%, “ma soprattutto prevedendo che ciascuna amministrazione, individuate le attività c.d. “smartabili”, attivi la modalità agile ad almeno la metà di esse”.
di Massimiliano Gonzi