Una apposita legge delega alla “riorganizzazione” di vari Enti ha di fatto privatizzato (e non riorganizzato!) l’Ente Pubblico CRI.
Quest’ultimo Decreto Legislativo, il 178 del 2012, è stato poi modificato con successivo intervento legislativo che differiva i termini temporali della privatizzazione dei Comitati locali e provinciali al 1 gennaio 2015, mantenendo pubblici i Comitati regionali ed il Comitato Centrale di CRI.
L’Associazione Croce Rossa Italiana non ha tenuto alcun conto di questo differimento (mentre ha preso accuratamente nota delle altre date spostate nella stessa norma) procedendo all’anticipata privatizzazione dei Comitati territoriali CRI, interpretando “pro domo sua” le norme.
Ma il tempo corre e, nonostante qualche Comitato privatizzato CRI abbia fatto ricorso al TAR Lazio, e qualche dipendente abbia impugnato la stessa legge 178 del 2012 ipotizzando un eccesso di delega ed un conflitto normativo tanto da ipotizzare un invio alla Corte Costituzionale, succede comunque che questa legge continua a produrre effetti, tanto sulla componente volontaristica di Croce Rossa Italiana che sui lavoratori dipendenti dell’Ente.
Da anni l’Ente Pubblico CRI ha accumulato un contenzioso enorme, a causa una gestione amministrativa quantomeno discutibile unita ad una direzione politica negli anni spesso oggetto di commissariamenti di parte dello Stato.
I danni economici procurati, qualche tempo fa sono stati quantificati intorno ai 60 milioni di euro (dati CRI), ma sono in crescita per le numerose sentenze contrarie alla CRI che riguardano tanto le mancate immissioni in ruolo di personale precario (in violazione della legge 368/2001) quanto per altri mancati riconoscimenti economici (es. mancate erogazioni di salario accessorio a parte del personale).
E la risposta della politica quale è stata?
La privatizzazione dell’Ente.
E le altre valutazioni?
Al momento non interessano nessuno, salvo poter cavalcare poi una qualche rivendicazione, quando se ne ravvisi la convenienza più o meno elettoralistica.
La norma in oggetto riguardante la Croce Rossa produce effetti che coinvolgono tutta la cittadinanza italiana, interessata suo malgrado, dai processi di privatizzazione di quell’Ente Pubblico che più degli altri incarna la pronta risposta delle istituzioni nel momento del bisogno acuto e dell’emergenza.
Questa legge ha però come primo aspetto un pesante impatto principalmente nei confronti dei lavoratori che vedono il loro posto di lavoro messo pesantemente a rischio, causa una caduta dei servizi erogati dalla stessa Croce Rossa: alcuni hanno visto in alcuni casi trasformare i loro contratti da pubblici (Parastato EPnE) a privati (Associazioni ANPAS), ma la preoccupazione principale, davanti al silenzio della politica, è essere lasciati soli ad affrontare gli esiti di una applicazione sconsiderata di una legge sconclusionata, da tanti contestata a parole e da pochi contestata nei fatti.
In questo che è l’abituale scaricabarile di parti del nostro Stato, quelli che ci vanno di mezzo sono per primi i lavoratori e subito dopo l’intera popolazione, per tutti quei servizi che fino ad oggi sono stati gestiti con regole certe e verificate, mentre da domani chissà.
Ma allora i cosiddetti Ministeri Vigilanti fino ad oggi, su queste cose, cosa hanno vigilato?
E sulla dilapidazione di un patrimonio professionale, da sempre finalizzato all’assistenza delle fasce più deboli e bisognose, non c’è nulla da eccepire?
Improvvisazioni e approssimazioni sono quotidiane nel mondo della politica e, a volte, del mondo stesso del lavoro, ma ci chiediamo se il fine reale di tutta questa operazione non sia, oltre ad un discutibile risparmio economico di cui oggi tutti dubitano fortemente, una gestione più “creativa” di una assai consistente dotazione immobiliare, quella affidata all’Ente Pubblico della Croce Rossa Italiana.
Un Ente Pubblico quasi al di sopra di ogni sospetto, diventato sul campo patrimonio della nostra cultura assistenziale (emergenziale e non) dell’ultimo secolo, con una caratura morale universalmente riconosciuta, possono essere fattori di ostacolo insormontabili da parte di chiunque volesse gestire con meno impedimenti (le donazioni alla CRI sono spesso vincolate nel loro utilizzo) un importante patrimonio immobiliare.
Un vecchio ma saggio politico disse che a pensar male si può far peccato ma spesso ci si azzecca: che questa possa essere una di quelle volte?
E poco importa ai più se ci fossero “danni collaterali”, quali perdite di occupazione o diminuzione di servizi.
Ma noi, i lavoratori, i “danneggiati collateralmente” di queste cose dobbiamo interessarci per forza.
Ne va della nostra stessa vita.