Questo numero vogliamo dedicarlo alle Donne, iniziando a parlarne attraverso riferimenti storici sul ruolo femminile nelle sue più diverse rappresentazioni. Di seguito, quindi, riportiamo un contributo redazionale, che rievoca frammenti della realtà esistenziale vissuta all’epoca della civiltà etrusca, testimonianza di un tempo ancora attuale (La Direzione).
Donne etrusche
L’attenzione degli storici e degli scrittori greci e romani fu molto attratta dal mondo etrusco, osservato spesso con grande scandalo e disappunto in considerazione dello stile di vita ostentatamente lussuoso, dei meravigliosi gioielli che impreziosivano acconciature e vesti.
Ma ancor più scandaloso era considerato il comportamento eccezionalmente libero delle donne etrusche.
Come sappiamo, in generale nelle antiche civiltà la donna appare in un ruolo decisamente inferiore all’uomo, dedita alla generazione dei figli, alla casa, alla filatura, a un comportamento morigerato, a una vita silenziosa e quasi invisibile.
Le donne etrusche si distinguevano invece per la loro attiva partecipazione alla vita sociale, spesso sapevano leggere e scrivere, potevano essere titolari di attività economiche, mantenevano il patronimico (nome del padre) anche da sposate.
Le celebri tombe dipinte di Tarquinia, per esempio, mostrano per lo più scene di vita aristocratica e spensierata in cui donne raffinate ed eleganti partecipano insieme agli uomini a sontuosi banchetti.
Anche molte altre fonti iconografiche, sculture, decorazioni vascolari testimoniano vivacemente questa realtà, raccontata da storici e scrittori greci e romani per manifestare ai posteri la loro grande riprovazione a fronte di tanta libertà femminile, riferita in particolare al ceto benestante etrusco.
In effetti, oggetti eccezionalmente ricchi e preziosi facevano parte di famosi e nobili corredi funebri femminili oggi esposti nei più importanti musei del mondo.
Un fatto davvero straordinario è testimoniato dalle iscrizioni funebri, che ci parlano di donne dotate di nome proprio (Larthia, Thesathei, Velelia…).
E’ un particolare che colpisce davvero, se si pensa che a Roma le donne, fino alla tarda età repubblicana, venivano denominate esclusivamente con il nome della gens, ovvero della famiglia alla quale appartenevano (Iulia, Claudia, Cornelia…Nella famiglia romana, poiché il nome femminile era sempre lo stesso, era necessario distinguere le donne aggiungendo Maior, Minor, Prima, Secunda…).
Le testimonianze relative al ruolo emancipato della donna etrusca si riferiscono in particolare al mondo italico del VI e del V secolo a.C., in corrispondenza con la vigorosa ondata di benessere economico che interessò l’area dell’Etruria propriamente detta (Toscana, alto Lazio e Umbria).
Con il IV secolo a.C. la condizione sociale della donna etrusca perse gradualmente la sua autonomia e regredì assimilando i modelli di vita greci e romani, con i quali i contatti erano diventati sempre più intensi.
Le aristocratiche donne etrusche dedicavano molto tempo alla cura della loro bellezza: usavano specchi, strumenti di vario tipo e bellissimi unguentari; amavano vestire elegantemente, evidenziando le loro belle forme e indossando elaboratissimi e ricchi gioielli.
Un mondo piacevole e sfarzoso, come lasciano immaginare le numerose testimonianze che ci giungono da iscrizioni, pitture, sculture.
Le pettinature testimoniate nei ritratti di donne etrusche nel VI secolo a.C. sono molto varie e articolate: lunghe trecce pendevano sul seno e sulle spalle delle donne, mentre in seguito i capelli venivano raccolti in una reticella o in ciocche spesse e tirati all’indietro.
Si tratta di donne evolute, mogli di uomini importanti, nobili, ricchi, colti. Donne che uscivano spesso di casa, non rinunciavano a stare al fianco dei loro mariti, amavano i piaceri della vita, i banchetti raffinati, musica e danza.
Donne che si dedicavano di certo anche alla tessitura e alla filatura, come testimoniano pesi di telaio, fuseruole e rocchetti, facendosi piacevolmente aiutare dalle ancelle.
Alcuni morsi di cavallo ritrovati nei corredi femminili lasciano immaginare anche un’autonomia di movimento della donna etrusca, che forse viaggiava senza essere necessariamente accompagnata.
Ritornando alle fonti storiche greche e romane che ci parlano del mondo etrusco, notiamo come tutto sia osservato e raccontato alla luce della loro morale, per la quale le uniche donne ammesse ai banchetti erano le meretrici: questi storici scandalizzati considerano il comportamento delle donne etrusche lascivo e fuori da ogni regola…
Ecco come si esprime il greco Teopompo, vissuto nella metà del IV secolo a.C.
“… Esse (le donne etrusche) curano molto il loro corpo facendo esercizi sportivi da sole o con gli uomini. Non ritengono vergognoso comparire in pubblico nude, stanno a tavola non vicino al marito ma vicino al primo venuto dei presenti e brindano alla salute di chi vogliono, sono forti bevitrici e molto belle da vedere.”
La pratica del simposio fu adottata dagli Etruschi quando entrarono in contatto con il mondo greco. Questa era infatti un’usanza tipicamente greca, riservata esclusivamente agli uomini, che si riunivano in banchetto per bere insieme, parlare, giocare, divertirsi.
Ebbene, le immagini etrusche rappresentano tranquillamente, anche le donne nella loro piena partecipazione alla festa accanto agli uomini e in molti corredi tombali femminili sono stati ritrovati i calici, le brocche e gli altri utensili caratteristici del servizio per il simposio.
Il mondo etrusco è davvero affascinante, così autonomo nel contesto delle civiltà italiche, dotato anche di una lingua molto diversa da quelle dei popoli limitrofi.
Un certo alone di mistero avvolge ancora questo popolo, una nebbia che, attraverso ampi studi e ricerche, va diradandosi sempre più.
Si svela così una tenera e inattesa familiarità con questi nostri antenati, capaci di far sentire anche noi un pò “Etruschi nel cuore”(*).
di Maria Cristina Zitelli
(*) Titolo del libro scritto da Maria Cristina Zitelli e Cesare Restaino, pubblicato su Amazon.