Emozioniamoci!

Si sono concluse le procedure per le elezioni delle R.S.U. nel Parastato, durante le quali tutte le strutture della Federazione si sono impegnate a fondo per confermare il dato di rappresentatività della FIALP CISAL.

Fa bene, a volte, tornare alle radici, aiuta a riprendere il cammino in modo rinnovato, a rimettere al centro gli obiettivi veri, a non cedere agli accomodamenti che la routine quotidiana potrebbe con insistenza proporre.

Innanzitutto, per esprimere come cerco di vivere l’impegno sindacale mi è parso importante rimetterne a fuoco il senso, attraverso le mie esperienze nel mondo della formazione e approfondendo il concetto di “competenze emotive”.

Vivere il proprio impegno sindacale significa assumere uno sguardo positivo sulla vita a partire dalla situazione complessa di oggi, senza sfuggirla, senza tirare conclusioni affrettate.

Un impegno che viene provocato dai tratti di questa realtà, in particolare da quelli che connotano l’ambito del lavoro, che oggi è pervaso da una sorta di autoreferenzialità dell’ambito economico: la competitività innanzitutto, il mercato è il primo elemento, i tempi di lavoro determinano i tempi di vita, ecc. ecc.

Il rischio da evitare per un sindacalista è quello di diventare “schiavo” di questa autoreferenzialità. Ciò non significa essere chiusi alle esigenze dell’economia, dell’impresa, vivere di luoghi comuni; significa, però, non confondere le esigenze dell’economia, che pure ha leggi sue proprie, con la dignità delle persone che lavorano.

Certamente “dedicarsi” in questo modo ha dei risvolti concreti, non si tratta di semplici enunciazioni, comporta conoscenza, studio, approfondimento per saper proporre alternative e proposte credibili.

E’ un “giocarsi” anche con i lavoratori, si deve uscire dalla logica “tradizionale” della rivendicazione ed entrare nella prospettiva della proposta, della responsabilità, del rischio di poter sbagliare… Spesso questo esercizio della ricerca è visto quasi come un cedimento alla controparte.

Anche perché è più facile affidarsi a slogan sintetici e onnicomprensivi, piuttosto che raggiungere l’obiettivo con la ricerca costante del dialogo e della proposta.

In questa situazione è necessario rafforzare lo spazio della relazione; il rapporto coi lavoratori è frutto di costante vicinanza. Sicuramente, noi non riusciamo a coprire la comunicazione con la medesima tempestività dei mass – media, anzi spessissimo l’unica possibilità che abbiamo è la nostra parola e, soprattutto, la coerenza del nostro comportamento.

A volte, dire le cose come sono rende impopolari, è più facile accaparrarsi una simpatia immediata attraverso una posizione populista, ma a lungo andare la verità e la sincerità del rapporto sono vincenti.

Strumenti come le assemblee, forse, sono considerati rudimentali, rispetto alle moderne tecniche comunicative, ma sicuramente hanno un grande pregio: sono uno dei pochissimi ambiti dove le persone possono interagire con chi sta comunicando con loro, non sono spettatori passivi… Forse se ne fanno troppo poche di assemblee, perdendo così un’opportunità di scambio importantissima e interessante.

La libertà del cuore e la vivacità della ricerca devono spingerci a non fermarci all’apparenza: la necessaria freschezza per affrontare le nuove modalità del lavoro deve essere coniugata con una pacata analisi di tutti gli aspetti che la compongono e che influiscono sulla vita dei lavoratori.

A volte, la corsa per essere “moderni” a tutti i costi rischia di farci cadere in luoghi comuni e in affermazioni astratte, che prescindono dalle conseguenze reali.

Nel fare sindacato è importante mantenere lo sguardo attento a tutta la vicenda della persona che lavora.

Il sindacalista deve avere orizzonti ampi che tengano conto del cambiamento e, contemporaneamente, mantenere una sana concretezza quotidiana. Questo comporta una competenza professionale che lo renda autorevole, in grado di gestire i problemi, capace di sedere al tavolo di una trattativa con la chiarezza dell’obiettivo e con la consapevolezza dei piccoli o grandi passi per raggiungerlo.

Alla competenza professionale si deve unire una saggia competenza sociale, cioè una conoscenza profonda dell’ambiente in cui ci si muove, dei lavoratori interessati al problema, delle modalità più efficaci per coinvolgerli.

Ma ciò che più necessita per la peculiarità dell’attività che il Sindacalista svolge sono le sue “competenze emotive” intese come capacità di riconoscere, interpretare e gestire le emozioni, al fine di produrre benessere soggettivo e collettivo.

Sono “competenze” che permettono quella libertà del cuore, che trova nell’impegno e nelle idee le proprie radici, aiutano a non sottrarsi alla discussione, a volte anche molto accesa, conservando la pazienza del dialogo e la passione nel sostenere posizioni anche difficili.

Per la mia esperienza credo di poter dire che questo è uno spazio da non sottovalutare, da non banalizzare… mai.