Evoluzione della spesa sanitaria in Italia e in Europa

La pandemia che ha colpito il nostro Paese ha riacutizzato polemiche e richieste di chiarimenti sui presunti tagli alla sanità pubblica, che potrebbero essere all’origine di molti disservizi e/o risposte non del tutto efficaci e tempestive al Covid-19.

Un esame dell’andamento della spesa pubblica sanitaria a partire dal 2000 è stato curato dal servizio studi della Camera dei deputati, oltre che da un rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza economica (OCSE), e su tali dati si baserà l’analisi che segue.

Gli indicatori presi in considerazione, spesa nominale e reale e quella in rapporto al PIL, parrebbero non confermare l’ipotesi dei tagli: al contrario si registra un aumento delle risorse. Dagli inizi del XXI secolo la spesa per il servizio sanitario è cresciuta sia in termini nominali (+69%), che reali (+ 22%), così come in rapporto al PIL (salendo di un punto percentuale).

L’aumento, però, si concentra nei primi dieci anni del nuovo millennio, toccando il suo apice nel 2010 quando si assesta a 113,1 miliardi di euro, circa il 66 per cento in più rispetto al 2000 (parliamo di quasi 45 miliardi), segnando un incremento percentuale annuo del cinque. Tale aumento è stato accompagnato da quello nel rapporto tra spesa e PIL, che ha toccato il 7,1 per cento nel 2009 (quasi due punti in più in soli tre anni).

La crisi economica mondiale scoppiata nel 2008 ha spinto i nostri governi ad intervenire su questa importante voce di spesa, con un importante calo di 3,5 miliardi tra il 2010 e il 2013. Negli anni successivi, invece, la spesa per la sanità ha ripreso a crescere, arrivando ai 115,4 miliardi del 2018 (ben superiore al precedente picco del 2010), mentre l’ultima manovra di finanza pubblica ha previsto una ulteriore crescita della spesa nominale nei prossimi anni, che potrebbe arrivare a sfiorare la cifra record di 120 miliardi nell’anno in corso.

Il problema, però, è che il dato nominale non è agganciato all’inflazione, ragion per cui l’aumento reale è stato di gran lunga più ridotto, portando la spesa attuale in termini reali ai livelli del 2004. Il dato risulta più evidente se guardiamo alle percentuali della spesa sanitaria rispetto al PIL: si è passati dal picco del 7,1 per cento toccato nel 2009, al 6,5 del 2018, che ci riporta su proporzioni tra PIL e spesa sanitaria ai livelli del 2005.

Le cause della riduzione (in termini reali) della spesa sanitaria vanno sicuramente ricercate nella contrazione del PIL, che si è tradotto in tagli alla sanità. Inoltre, occorre tener conto che la crescita del disavanzo della spesa sanitaria di varie regioni ha imposto, a partire dal 2007, l’adozione di severi piani di rientro, attuati soprattutto con una riduzione della spesa corrente. Per gli osservatori del settore, questo non ha significato un peggioramento dei servizi, quanto un abbattimento degli sprechi (pure con l’introduzione della pratica dei costi standard) e l’introduzione di un principio di adeguatezza delle prestazioni.

Se la spesa (nominale) non è cambiata di molto, ad essersi modificata negli ultimi anni sono state le sue componenti. Un primo versante interessa la spesa per il personale dipendente del SSN, che si è ridotta per effetto del congelamento degli aumenti contrattuali nel pubblico impiego e del blocco del turn over, passando dal 35% del totale del 2002 al 30 del 2018, calando dai 36,7 miliardi del 2010 ai 34,8 miliardi del 2018; sul calo hanno inciso anche le politiche di contenimento della spesa portate avanti da numerose amministrazioni regionali. Al contrario, sono cresciute le spese di consumo, a cominciare da quella per i prodotti farmaceutici (passata in pochi anni dal 3,3 al 10,1%), dovuta all’acquisto di prodotti innovativi e più costosi, nonché al passaggio dal sistema della convenzione all’acquisto diretto, assieme ad un incremento dei consumi intermedi (slegati dalla spesa farmaceutica), passati dal 17,0% al 19,7%. Un calo, infine, ha riguardato l’acquisto di beni e servizi, sempre per effetto delle politiche di contenimento.

L’ultimo rapporto dell’OCSE (pubblicato nel mese di novembre 2020), colloca il nostro Paese all’ultimo posto per la spesa sanitaria, con una spesa pro-capite di 2.473 euro per il 2019, a fronte di una media europea di 2.572. Più che alla media, però, occorre guardare al differenziale rispetto a Francia e Germania: rispettivamente 3.644 e 4.504 euro spesi per ogni cittadino.

Nel rapporto col PIL, al contrario, la media italiana supera, sia pur di poco, quella dell’OCSE: 8,7 rispetto ad 8,3, ma anche in tal caso la Germania spende molto più di noi per la sanità (11,7% del suo PIL), così pure la Francia (11,2).

Operando un raffronto temporale tra l’inizio della crisi economica mondiale (2008) e 2019, l’Italia è tra i pochi paesi europei ad aver tagliato la spesa sanitaria. Sulla stessa linea si sono mosse solo Spagna, Grecia e Portogallo.

di Paolo Arigotti