Il mercato della firma elettronica è in continua crescita, trainato dalla necessità di digitalizzare i processi e di semplificare le fasi di raccolta delle firme e del consenso dei cittadini/consumatori. Secondo una ricerca di MarketsandMarkets, si tratta di un mercato che ha raggiunto i 5,5 miliardi di dollari nel 2022 e che dovrebbe arrivare a valere 25,7 miliardi di dollari entro il 2027.
Il che significa che il suo incremento non dipenderà, come è avvenuto nell’ultimo biennio, da un fenomeno come quello della pandemia, che ha reso evidente la necessità di soluzioni a supporto del lavoro a distanza, ma sarà dettato da esigenze sempre più sentite di efficientamento e innovazione che riguardano tutti gli attori a vario titolo coinvolti nella trasformazione dei meccanismi di identificazione.
Il regolamento stabilisce quali devono essere i mezzi di identificazione elettronica delle persone fisiche e giuridiche che operano in Europa, nonché le norme che riguardano le transazioni elettroniche con valore legale. Trattandosi di un regolamento, e non di una direttiva, la sua applicazione in tutti gli Stati membri dell’UE non ha richiesto il recepimento da parte di ciascun Paese.
In Italia, ad esempio, è stato il fondamento su cui la pubblica amministrazione ha dato vita allo SPID. L’eIDAS, inoltre, ha introdotto il concetto di firma elettronica qualificata (FEQ) come la forma più avanzata e sicura di firma digitale che richiede un certificato emesso da un provider di servizi accreditato.
La FEQ ha lo stesso valore legale della firma autografa e può essere utilizzata per transazioni commerciali di alto valore economico. Differisce dalla firma elettronica semplice (FES) che non richiede particolari misure di sicurezza ed è adatta per transazioni commerciali di valore economico limitato.
In quanto tale, la FES non ha caratteristica probatoria in sé e quindi la valutazione della sua validità si espone al contenzioso in sede giudiziale. Una via di mezzo tra queste due firme è la firma elettronica avanzata (FEA), disciplinata dal Decreto Legislativo n. 82 del 7 marzo 2005, che richiede l’utilizzo di tecniche di autenticazione e di crittografia più evolute rispetto alla FES.
Il minore impatto ambientale, cioè la sostenibilità, è probabilmente uno degli aspetti su cui è bene fare un accenno in conclusione. La firma elettronica e l’onboarding digitale non solo favoriscono modelli di lavoro da remoto, con la conseguente diminuzione degli spostamenti e quindi dell’inquinamento connesso ai mezzi di trasporto, ma riducono drasticamente il consumo di carta. È stato calcolato che in un semplice studio dentistico, sostituendo la gestione documentale cartacea con quella digitale e introducendo la firma elettronica si potrebbero risparmiare in media tra i 5.000 e i 10.000 euro in un anno.
di Massimiliano Gonzi