“La pandemia e il piano di rilancio e resilienza richiedono nuove professionalità e nuove forme di lavoro”. Lo ha detto il premier Mario Draghi in occasione della firma del Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale. “Nuove professionalità – ha quindi aggiunto – richiedono investimenti e nuove regole. Questo è quello che oggi stiamo cominciando”.
A Palazzo Chigi, il premier Draghi, il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil (Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri) hanno firmato il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale, con il quale si apre una nuova stagione di relazioni per riformare la pubblica amministrazione e avviare il negoziato per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego.
“Patto importante ma ancora molto da fare” “Il Patto che si firma oggi è sicuramente un evento di grande importanza, è il primo passo ma molto se non quasi tutto resta da fare, c’è veramente molto da fare”, ha precisato Draghi, spiegando che “nel corso delle consultazioni ho avuto modo di esprimere quanto io tenga a questo confronto e questo dialogo”. Secondo il presidente del Consiglio, “se la Pubblica amministrazione non funziona la società diventa più fragile e più ingiusta. Questo è sempre vero e con la pandemia è ancora più vero”.
“Per la formazione della P.a. si spendono solo 48 euro. “Per la “formazione” della Pubblica amministrazione, “si spendono ben 48 a persona, e bene lo dico ironicamente, e un solo giorno è destinato a tale scopo”.
I 6 punti del Patto – I sei articoli di cui si compone il Patto sono: rinnovi contrattuali relativi al triennio 2019-2021, lavoro agile, revisione dei sistemi di classificazione professionale, formazione del personale, sistemi di partecipazione sindacale e welfare contrattuale.
Contratti – Il governo emanerà in tempi brevi gli atti di indirizzo all’Aran per il riavvio della stagione contrattuale, che interessa 3,2 milioni di dipendenti pubblici. “I rinnovi contrattuali relativi al triennio 2019-2021 – si legge – salvaguarderanno l’elemento perequativo della retribuzione già previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro relativi al triennio 2016-2018, il quale confluirà nella retribuzione fondamentale cessando di essere corrisposto quale elemento distinto della retribuzione, nonché attueranno la revisione dei sistemi di classificazione, attraverso lo stanziamento di risorse aggiuntive nella legge di bilancio 2022”. Inoltre, il Governo, “previo confronto, individuerà le misure legislative utili a valorizzare il ruolo della contrattazione decentrata”.
Lavoro agile – “Occorre porsi – è la premessa – nell’ottica del superamento della gestione emergenziale, con la definizione nei futuri contratti collettivi nazionali del pubblico impiego di una disciplina normativa ed economica del lavoro agile, che garantisca condizioni di lavoro trasparenti e concili le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con quelle delle pubbliche amministrazioni. Nell’ambito dei contratti del triennio 2019-2021, saranno quindi disciplinati, in relazione al lavoro agile, aspetti di tutela dei diritti sindacali, delle relazioni sindacali e del rapporto di lavoro.
Sistemi di classificazione professionale – Attraverso i contratti 2019-2021 si provvederà alla successiva rivisitazione degli ordinamenti professionali del personale, adeguando la disciplina contrattuale ai fabbisogni di nuove professionalità e competenze.
Formazione – Saranno disegnate politiche formative di ampio respiro, con particolare riferimento alle competenze informatiche e digitali e a specifiche competenze avanzate di carattere professionale.
Partecipazione – Sarà valorizzato il ruolo della contrattazione integrativa. Saranno adeguati i sistemi di partecipazione sindacale, favorendo processi di dialogo costante fra le parti, valorizzando strumenti innovativi di partecipazione organizzativa.Welfare contrattuale – Saranno implementati gli istituti di welfare contrattuale, anche con riferimento al sostegno alla genitorialità e all’estensione al pubblico impiego delle agevolazioni fiscali, già riconosciute al settore privato per la previdenza complementare e i sistemi di premialità.
di Massimiliano Gonzi