Vivere la transizione verso un nuovo mondo, di cui non si riesce ancora a tracciare una mappa non è cosa da poco. La pandemia di Covid19 ha dato il colpo di grazia all’architettura geopolitica, già in forte mutamento ed oggi emergono con chiarezza soltanto tre poli a livello globale, costituiti dagli Stati Uniti, dall’Europa e dalla Repubblica Popolare Cinese. I problemi dell’Europa e del mondo sono strettamente correlati e occorre concepire coerentemente politica interna e ruolo internazionale, come ha fatto intendere la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen: solo così sarà possibile contribuire al benessere dei cittadini europei e al mantenimento di un ordine internazionale basato sul diritto (rule-based).
Le sfide che le istituzioni europee si trovano davanti sono il risultato di processi globali e regionali, oltre che interni. Tale prova è assai impegnativa per l’Unione, già indebolita da divisioni e sovranismi interni, e da un sistema internazionale sempre meno liberale e più caratterizzato dal confronto tra Stati Uniti d’America e Repubblica Popolare Cinese.
Il quadro normativo che disciplina la politica di coesione dell’Unione per il periodo dal 2021 al 2027, nel contesto del prossimo quadro finanziario pluriennale, contribuisce all’assolvimento degli impegni assunti per l’attuazione dell’accordo di Parigie degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, concentrando i finanziamenti dell’Unione su obiettivi ecologici.
Uscire dalla gravissima crisi economica, provocata dalla pandemia, dovrà essere il primo ed immediato obiettivo. Per farlo si possono percorrere innumerevoli percorsi e proprio per questo dovrebbe essere d’uopo prima definire i criteri per scegliere quello migliore, organizzando anche un efficace sistema di verifica sugli scostamenti e i ritardi, che si potrebbero verificare o sulle correzioni che potrebbero risultare indispensabili. Una prima decisione dovrebbe riguardare, comunque, il nostro modello di sviluppo.
“Il Green Deal europeo” è parte integrante del piano di investimenti per un’Europa sostenibile. Attraverso di esso si forniranno finanziamenti mirati, mediante il meccanismo per una transizione giusta, nel contesto della politica di coesione, in modo da affrontare i costi economici e sociali della transizione verso un’economia climaticamente neutra e circolare, nella quale le eventuali emissioni residue di gas a effetto serra siano compensate da assorbimenti equivalenti.
La transizione verso un’economia climaticamente neutra e circolare costituisce uno dei principali obiettivi strategici dell’Unione: si tratta, innanzitutto, di una scelta di modello di sviluppo. Il Consiglio europeo aveva approvato, il 12 dicembre 2019, l’obiettivo di realizzare un’Unione a impatto climatico zero entro il 2050, in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Anche se la lotta ai cambiamenti climatici e al degrado ambientale apporterà vantaggi a tutti nel lungo termine (creando però nel medio termine sia opportunità che sfide), il punto di partenza della transizione non sarà lo stesso per tutte le regioni o tutti gli Stati membri, in quanto non tutti dispongono di identiche capacità di reazione.
Tale transizione comporta effetti sociali, economici e ambientali di portata maggiore per le regioni, che dipendono fortemente dai combustibili fossili (specialmente carbone, lignite, torba per uso energetico e scisto bituminoso) o dalle industrie ad alta intensità di gas a effetto serra.
Esiste, pertanto, non solo il rischio che la transizione dell’Unione avvenga a velocità diverse per quanto riguarda l’azione per il clima, ma anche quello di aggravare le disparità tra le regioni, segnatamente quelle ultraperiferiche e le zone remote, insulari e geograficamente svantaggiate, nonché in quelle afflitte da problemi di spopolamento, a scapito degli obiettivi di coesione sociale, economica e territoriale. Per compiersi con successo, la transizione dovrà essere equa, inclusiva e socialmente accettabile per tutti, cosa che la pandemia di Covid19 non agevolerà.
Pertanto l’Unione, gli Stati membri e le loro regioni saranno costretti a tenerne presenti le implicazioni economiche, sociali e ambientali, impiegando tutti gli strumenti possibili per attenuarne le conseguenze negative.
Il bilancio dell’Unione (costituito essenzialmente da tre fonti: innanzitutto, i dazi doganali sulle importazioni provenienti dai paesi extra UE e i contributi nel settore dello zucchero; una piccola parte dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) applicata nell’UE e, infine, i contributi di ogni Stato membro, direttamente proporzionali alla sua quota di reddito nazionale lordo dell’UE)svolge un ruolo importante a tale riguardo per assicurare che nessuno sia lasciato indietro.
“Il Green Deal europeo” ed il piano di investimenti per un’Europa sostenibile dovrebbe integrare le altre azioni del prossimo quadro finanziario pluriennale per il periodo dal 2021 al 2027. Abbinando le spese del bilancio dell’Unione a favore di obiettivi per il clima a quelle con finalità sociali a livello regionale, il meccanismo dovrebbe contribuire a far fronte alle conseguenze sociali, economiche e ambientali, in particolare per i lavoratori colpiti dal processo della transizione verso la neutralità climatica dell’UE entro il 2050, promovendo un’economia sostenibile, posti di lavoro verdi nonché il miglioramento della salute pubblica. Attenuare e compensare gli effetti negativi della transizione climatica, fornendo sostegno ai territori e ai lavoratori più colpiti dai cambiamenti, promovendo una transizione socioeconomica equilibrata, che contrasti la precarietà sociale e l’instabilità del contesto economico è sicuramente uno degli obiettivi dell’Unione, ma non bisogna dimenticare il ruolo che deve avere l’amministrazione efficiente dei singoli Stati.
In linea con l’obiettivo specifico del Fondo, le azioni sostenute dovrebbero contribuire direttamente ad alleviare gli effetti della transizione, finanziando la diversificazione e la modernizzazione dell’economia locale, attraverso la rigenerazione del patrimonio naturale e attenuando le ripercussioni negative sull’occupazione e sul tenore di vita.
Tale finalità trova espressione nell’obiettivo specifico del Fondo e per quanto riguarda i settori in trasformazione con alti livelli di emissione di gas a effetto serra, il sostegno dovrebbe promuovere attività nuove, tramite la messa in opera di tecnologie e di processi o prodotti innovativi, al fine di ottenere riduzioni importanti delle emissioni, in linea con gli obiettivi dell’UE in materia di clima per il 2030 e con l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, pur tutelando e rafforzando l’occupazione qualificata ed evitando il degrado ambientale.
Un’attenzione particolare dovrebbe inoltre essere prestata alle attività, che promuovono l’innovazione e la ricerca nelle tecnologie avanzate e sostenibili, oltre che negli ambiti della digitalizzazione, della connettività e della mobilità intelligente e sostenibile, a condizione che le misure adottate contribuiscano ad attenuare gli effetti collaterali negativi della transizione verso un’economia climaticamente neutra e circolare e concorrano a tale processo, tenendo conto delle caratteristiche economiche, sociali ed energetiche di ogni Stato membro.
A tale riguardo è opportuno, altresì, riconoscere l’importanza della cultura, dell’istruzione e dello sviluppo delle comunità per il processo di transizione. L’istruzione è alla base di ogni processo di cambiamento, che non voglia lasciare dietro di sé solo macerie sociali.
di Carlo Marino