Il coraggio di segnalare illeciti nella p.a.: il whistleblowing

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Talvolta accade che un dipendente pubblico venga a conoscenza di un fatto illecito avvenuto nel proprio contesto lavorativo e che magari abbia remore a segnalarlo agli organi competenti.

Il whistleblowing (dall’inglese blow the whistle, suonare il fischietto) è la segnalazione da parte di un dipendente pubblico, alla maniera di un arbitro o di un vigile muniti di fischietto, di un fatto illecito avvenuto nella pubblica amministrazione presso cui presta servizio. 

L’istituto, introdotto dall’art.1, comma 51, della legge 190/2012 e riformato dalla legge 30 novembre 2017, n. 179, è disciplinato all’art. 54 bis del dlgs. 165/01. Tale norma prevede che chiunque è alle dipendenze di una pubblica amministrazione, di un ente pubblico economico, di un ente privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell’art.2359 cc., o lavori o collabori presso un’impresa fornitrice di beni o servizi che presti la propria opera a favore di una pubblica amministrazione, possa segnalare condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro.

Queste ultime possono consistere non solo in un illecito penale, ma anche civile o amministrativo, oppure manifestare un uso privatistico di una pubblica funzione, sempre che la loro segnalazione abbia un minimo di fondamento, ossia apporti beneficio all’integrità e all’immagine della pubblica amministrazione e non sia semplicemente frutto di una lamentela personale.

Organi preposti a ricevere tale segnalazione sono il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) e l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), oltre ovviamente le autorità giudiziarie competenti (art. 54 bis, co.1, dlgs.165/01).

Sul piano delle tutele, è doveroso precisare che la legge 179/2017 prevede tre forme di tutela nei confronti del whistleblower:

  • tutela della riservatezza della sua identità (esclusione del diritto di accesso agli atti relativi alla segnalazione, segreto istruttorio nei procedimenti giudiziari e rivelazione dell’identità del segnalante nel procedimento disciplinare solo previo consenso di quest’ultimo);
  • tutela da ogni misura ritorsiva nei suoi confronti a seguito della segnalazione; infatti, in caso di sanzione disciplinare, il provvedimento sarà considerato nullo e, in caso di licenziamento, il dipendente reintegrato nel posto di lavoro, salvo dimostrare, da parte del datore di lavoro, che la sanzione non ha alcun collegamento con quanto segnalato;
  • tutela da responsabilità per aver rivelato, per giusta causa, segreti d’ufficio, aziendale, professionale, scientifico o industriale o aver violato l’obbligo di fedeltà.

Tali tutele, tuttavia, vengono meno nel caso in cui il whistleblower, a causa della sua segnalazione, sia condannato, anche non definitivamente, per calunnia, diffamazione o altri reati connessi alla denuncia, o ne venga dichiarata la responsabilità civile per dolo o colpa grave.

Evidenziati quelli che sono gli aspetti salienti della disciplina del whistleblowing, occorre dire che questa è ancora in continua evoluzione, soprattutto al fine di garantire una maggiore tutela al segnalante; in tal senso, infatti, la direttiva UE 2019/1937, ad oggi ancora in attesa di recepimento nel nostro Paese.

di Michele Pierluigi Massa