Nella notte tra il 5 e il 6 febbraio scorso, in Turchia nella regione ai confini con la Siria settentrionale, si è verificato un terremoto che nel giro di pochi minuti si è trasformato in un evento calamitoso, che ha causato ingenti danni materiali e migliaia di vittime.
Il terremoto è stato caratterizzato da due forti scosse con valori di intensità molto elevate: la prima scossa ha raggiunto un’intensità della scala Mercalli di grado 11°, che è classificata catastrofe e un’intensità di magnitudo 7,8 Mww della scala Richter, la seconda meno forte di circa 6,7 Mww della scala Richter. Alle due scosse principali sono seguite più di 600 scosse di assestamento, che hanno avuto luogo nello stesso giorno e nei giorni seguenti. Vari esperti fanno notare che queste scosse potranno durare per settimane o anche mesi.
Il terremoto, oltre alla distruzione di interi quartieri residenziali, ha causato tra la popolazione turca e quella siriana più di 40.000 vittime, avvicinandosi al numero di vittime massimo verificatosi in passato, anche se è probabile che a fine emergenza i numeri delle vittime superino ampiamente quelle dei terremoti precedenti.
La zona di confine tra Turchia e Siria è, infatti, una zona ad alta intensità sismica e già attorno al 1.100 d.C. troviamo cronache. relative a terremoti che causarono morti e distruzione, terremoti che si sono ripetuti fino ad oggi con più o meno intensità. La causa di questa situazione è la presenza di numerose falde. che confluiscono in quell’area, dove si incontrano le placche dell’Anatolia e quella Arabica, per capire quanto la crosta terrestre è dinamica in questa area, basti pensare che la placca Anatolica si muove di circa 2 cm, all’anno verso la placca arabica e questo fa sì che in quest’area si accumuli un’immensa energia, che potrebbe in qualsiasi momento trasformarsi in un sisma.
In sostanza l’intera Turchia si trova in un’area soggetta a terremoti e in futuro potrebbe essere colpita anche la zona di Istanbul, dove transita la falda nord Anatolica, ma in questo caso un forte terremoto potrebbe causare molte più vittime, se si considera che nell’area di Istanbul risiedono circa 16 milioni di abitanti.
Ma, se è vero che il territorio della Turchia è sismico, la colpa delle innumerevoli vittime è soprattutto di una mala gestione dello sviluppo del settore immobiliare. Va, infatti, ricordato che in Turchia si sono susseguiti diversi condoni, che ovviamente hanno concesso l’abitabilità ad edifici, che non avrebbero dovuto essere costruiti con quelle modalità, in un territorio sismico come quello turco.
E se è vero che dal 2012 la Turchia aveva una legge, che normava la costruzione degli edifici, secondo criteri antisismici, è altrettanto vero che il regolamento di esecuzione di questa legge è stato approvato con notevole ritardo dal governo turco, solo nel 2018 e tra il 2012 ed il 2018 la maggior parte degli edifici costruiti non ha rispettato le regole antisismiche. Successivamente si sono manifestati due comportamenti scorretti, come ha denunciato l’Unione turca degli ingegneri e degli architetti, da un lato molti costruttori hanno continuato a costruire senza rispettare le normative antisismiche, in quanto si era andata a creare una confusione tra normativa nazionale e locale e dall’altro alcuni costruttori hanno millantato di seguire le normative antisismiche, mentre in realtà costruivano edifici inidonei a reggere un terremoto di intensità elevata. Se consultiamo i vari rapporti prodotti da alcune università turche e organizzazioni del settore, apprendiamo che nel 2018 più del 50 per cento delle costruzioni non rispettava le normative antisismiche.
A dimostrazione di questo, già un precedente terremoto di magnitudo 5,9 nel corso del 2022 aveva dimostrato come le norme antisismiche non erano state seguite e molti edifici avevano subìto ingenti danni. Va però anche riscontrato che una parte del patrimonio edilizio ha retto ai due forti terremoti di questo febbraio, come ha tenuto a quello del 2022, a testimonianza di come le costruzioni edificate, seguendo i criteri antisismici permettano la salvaguardia sia del patrimonio immobiliare che delle vite degli abitanti.
La catastrofe ha messo in evidenza, come in un paese con aree del territorio soggette ad attività sismica, sia necessario costruire secondo un piano per la sicurezza ben chiaro, che possa scongiurare in un futuro alte migliaia di vittime.
Ma questo vale nondimeno per il nostro Paese, che ha vissuto nel passato catastrofi analoghe e che si spera in futuro non debba nuovamente affrontare. Anche se i dati dell’Agenzia delle Entrate non fanno ben sperare: infatti, se si vanno ad esaminare i dati relativi ai vari bonus edilizi, concessi negli ultimi anni notiamo che i bonus sismici hanno di fatto interessato appena un decimo degli importi concessi per il 110%, a dimostrazione della poca informazione in merito alla problematica e probabilmente anche alle tempistiche ristrette per poter aderire al 110%.
Questo non può che farci riflettere sulla necessità di una maggiore informazione e di un’azione ancora più incisiva per promuovere la messa in sicurezza di tutti gli edifici non antisismici che insistono comunque in aree a rischio.
di Massimiliano Merzi