Il calo delle nascite in Italia, da decenni un paese a crescita sottozero, non è una novità. Al 31 dicembre scorso si è registrato un nuovo calo della popolazione residente, scesa di circa 253mila unità rispetto all’anno precedente. Uno sguardo al biennio che ci lasciamo alle spalle, complice la pandemia, non è meno scoraggiante: il calo complessivo sfiora quota 616mila. I dati ufficiali, frutto delle rilevazioni dell’ISTAT, confermano insomma un saldo naturale (tra nascite e decessi) decisamente negativo. Se il numero dei decessi continua a segnare livelli elevati, specie se raffrontati ai periodi precedenti la pandemia, pure le nascite registrano un trend negativo, specie nei primi dieci mesi, con qualche lieve segno di ripresa solo nell’ultimo bimestre. Il 2020, come noto, aveva già regalato un quadro sconfortante, tra aumento vertiginoso dei decessi, calo delle nascite e contrazione dei matrimoni per effetto delle misure restrittive, che hanno quasi del tutto bloccato i flussi migratori, i quali hanno spesso rappresentato un palliativo rispetto al calo delle nascite. Di sicuro l’anno 2021, con un numero di neonati sotto le 400mila unità, segna un nuovo record negativo (per la precisione sono stati 399.431 i nuovi nati, in diminuzione dell’1,3% rispetto al 2020, ma addirittura del 31% rispetto al 2008), mentre il numero dei residenti nel nostro Paese scende a 58.983.122. In risalita, per effetto delle minori limitazioni agli spostamenti, i flussi migratori con l’estero (+156 mila, quasi il 79% in più rispetto al 2020), pur restando al di sotto dei valori del precedente quadriennio; risalgono i movimenti tra comuni (oltre un milione e quattrocentomila persone, + 5,9 per cento rispetto al 2020). Raddoppiano quasi i matrimoni, ma il dato, per quanto positivo, non consente ancora di recuperare quel che si è perso nel periodo pandemico. Insomma, non soltanto la conferma di una serie di dinamiche demografiche assai preoccupanti (contrazione del numero degli abitanti, invecchiamento della popolazione, e così via), ma un segnale inequivocabile che la pandemia, lungi dagli effetti di breve periodo, potrebbe riverberare ancora a lungo i suoi pericolosi riflessi.
di Paolo Arigotti