Nel periodo da maggio 2020 a gennaio 2022, 19 milioni di persone, pari al 40% degli italiani, si sono rivolte ad almeno un ufficio pubblico e l’86,9% ha espresso almeno una volta molta o abbastanza soddisfazione. È lusinghiero il giudizio nei confronti della Pubblica amministrazione emerso dal rapporto “Cittadini e lavoro a distanza nella PA durante la pandemia”, diffuso il 30 maggio dall’ISTAT, a conferma dello sforzo imponente delle amministrazioni e dell’impegno straordinario del capitale umano pubblico per la tenuta dei servizi e della comunità, durante l’intero periodo della pandemia. Interrogati sulle criticità più frequenti, sei italiani su dieci hanno segnalato, in generale, l’allungamento dei tempi di erogazione dei servizi, la difficoltà di parlare con un operatore e di accedere agli sportelli fisici, i problemi nel prenotare i servizi online. Due terzi dei cittadini (il 64,1%) ritengono che il lavoro a distanza abbia comportato ritardi e disservizi e più di uno su due (56,1%) pensa che lo smart working non abbia migliorato la qualità dei servizi, pur riconoscendone l’impatto positivo sull’ambiente e sulla vivibilità delle città. Proprio nella direzione di rafforzare la capacità amministrativa e di trasformare il lavoro agile da strumento “emergenziale” a strumento intelligente e flessibile si è mosso il Governo, da un lato sbloccando turnover e assunzioni, dall’altro lato regolando lo smart working nei nuovi contratti. Attento alla doppia posta in gioco del benessere dei lavoratori e della soddisfazione di cittadini e imprese per la quantità e la qualità dei servizi offerti, salvaguardando efficienza e salute.
di Massimiliano Gonzi