È davvero imperdibile la mostra antologica dedicata a Jim Dine, uno dei maggiori protagonisti dell’arte americana dell’ultimo mezzo secolo, prorogata fino al 26 luglio 2020, realizzata e curata in stretta collaborazione con l’artista da Daniela Lancioni al Palazzo delle Esposizioni.
Più di sessanta le opere esposte che coprono un arco temporale che va dal 1959 al 2016, provenienti da collezioni pubbliche e private, europee e americane.
Attraverso le varie sale, guidati da un esaustivo apparato iconografico, possiamo familiarizzare con i celebri happening, raccontati dalla voce dello stesso Dine e mediante video-interviste con la sua poliedrica figura di artista.
Dine ha un legame speciale con la cultura del nostro Paese. Da un lato l’amore ed il dialogo che da sempre intrattiene con il mondo antico, dall’altro la sua particolare ossessione per il Pinocchio di Collodi, coltivata sin dall’infanzia attraverso le letture proposte dalla madre. Per Dine la vicenda di un ciocco di legno che acquista consapevolezza e vita è metafora dell’idea alchemica, che egli ha dell’arte stessa e del processo creativo.
Refrattario ad ogni classificazione, Dine ama definirsi un “workman”, un artigiano che intrattiene un quotidiano e carnale rapporto con la materia, con gli utensili che danno poi forma alle sue riflessioni e ai suoi sogni.
Dipinti, sculture, incisioni, fotografie, illustrazioni ci restituiscono il mondo e gli oggetti con cui Dine dice di sentirsi a suo agio da sempre.
Cuori colorati, su tela o giganteschi e polimaterici, accappatoi, Veneri, utensili di ogni genere, Pinocchi, sono il nucleo iconografico con il quale, nelle diverse stagioni della sua vita, Dine ha eseguito come un musicista magnifiche e sorprendenti variazioni sul tema.
di Rosaria Russo