Il Museo del Saxofono di Fiumicino (Roma) si è unito alle celebrazioni internazionali per la Giornata Internazionale del Jazz, riconosciuta dalle Nazioni Unite e dall’UNESCO, e ha organizzato il 30 aprile, data della ricorrenza, un concerto speciale che ha visto protagonista la band romana The Jazz Russell, un ensemble che per la sua stessa visione si concentra, nella sua pratica musicale, proprio sulle caratteristiche di predisposizione all’ascolto dell’altro, di dialogo e di reciproca comprensione che il Jazz racchiude nelle sue tante espressioni.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) ha ufficialmente nominato il 30 aprile come Giornata Internazionale del Jazz, con il fine di celebrare questo genere musicale e la sua intrinseca capacità diplomatica di unire persone di ogni angolo del mondo. La Giornata Internazionale del Jazz, proclamata nel 2011, riunisce comunità, scuole, artisti, storici, accademici e appassionati di tutto il mondo in iniziative volte a celebrare e diffondere la cultura e i valori che la musica Jazz esprime. Il Jazz è infatti una musica “simbolo” del dialogo interculturale, dell’ascolto e della comprensione reciproca, aspetti chiave per la cooperazione internazionale. Il 30 aprile di ogni anno questa forma d’arte nata negli Stati Uniti e oramai divenuta globale viene celebrata per la sua intrinseca capacità di promozione della pace, del dialogo tra le culture, della diversità e del rispetto dei diritti umani e della dignità umana, e per il suo contributo all’eliminazione delle discriminazioni, alla promozione della parità di genere e della libertà di espressione.
La formazione The Jazz Russell, che si è esibita al Museo del Saxofono era composta da soli musicisti di sezione ritmica, ovvero quei musicisti che sono soliti affiancare i grandi solisti e che sono quindi per definizione generosamente al loro servizio, cercando sempre di assecondare l’estro del musicista che accompagnano e al contempo stimolarlo, in un delicato e raffinato equilibrio. La band ha presentato per l’occasione il suo secondo disco, Rhythm is our business, pubblicato dall’etichetta Filibusta Records, e ha ospitato in un incontro estemporaneo, e tutto “in diretta”, il grande saxofonista Americano Michael Rosen. L’incontro si è rivelato una dimostrazione sul momento della straordinaria capacità del jazz di unire persone – in questo caso musicisti – che non si sono mai incontrati prima, e che si sono confrontati sul terreno comune della grande tradizione afroamericana. Rosen è autore di 9 cd da leader o co/leader, l’ultimo tra questi, Sweet 17, è prodotto dalla Jandomusic e realizzato a New York con Bill Stewart, Lage Lund, Ralph Alessi, Matt Penman e Domenico Sanna. Il cd è stato premiato dalla rivista “Jazzit” come uno dei migliori 150 lavori discografici del 2016. Le composizioni di Michael sono state trasmesse più volte, sia da Radio Rai 3 che da Radio Popolare, ed alcuni suoi brani sono stati inclusi nei cd che accompagnano le riviste “Musica Jazz”, e “JazzMagazine” ed entrambe queste riviste hanno dedicato numerose interviste a Rosen.
Nata da un’idea del chitarrista Filippo A. Delogu, e composta da Alfredo Romeo alla batteria, Andrea Nuzzo all’organo Hammond, e Light Palone al contrabbasso, la band ha affrontato il repertorio del jazz classico con un approccio fresco e originale. I musicisti, che hanno tutti militato in sezioni ritmiche di rinomate band della scena del jazz tradizionale, hanno cercato, “come uno Spartaco che si ribella… ai solisti” (cit.), una voce musicale originale con l’apporto di tutti gli strumenti e senza un frontman unico: nessun musicista al centro e tutti centrali contemporaneamente, con il dialogo che ha sostituito l’estro dei singoli. Il repertorio è stato composto da musiche originali, standards famosi, brani meno frequentati e tempi insoliti, passando con disinvoltura da Horace Silver alla canzone italiana degli anni ’30, dai brani tradizionali di New Orleans ai temi dal sapore sudamericano. Un repertorio volutamente eterogeneo, senza soluzione di continuità, privo di velleità filologiche o desiderio di coerenza, e che ha cercato uno spazio di libertà nella tradizione.
di Eleonora Marino