Un Miguel de Cervantes Saavedra come non lo avete mai visto: vero, fragile, umano.
Che vorrebbe essere un cavaliere senza macchia e senza paura ma poi è vittima di sé stesso, dei suoi dubbi e delle sue debolezze. E in ciò risiede la sua forza, ché solo gli stolti restano coerenti – fino alla morte – con un’idea che si rivela basata su un convincimento errato. Lo accompagna il ragazzo Pablo Sanchez, detto con scherno gordito (cicciottello), che accanto a lui si farà uomo, apprendendo la forza delle parole e quella dei silenzi. Sullo sfondo della Cagliari del 1573, in mano agli spagnoli con il nome di Caller, Cervantes e Pablo svolgeranno una pericolosa e rocambolesca indagine per dimostrare che Miguel non è il responsabile dell’omicidio di don Dulces, nobile cagliaritano. Eppure, tutti gli indizi sembrano puntare a lui, con una coerenza tale da far gridare al complotto. Il possibile movente? L’accusato era l’amante della moglie di Dulces, donna Eleonora. L’indagine si svolge come una partita a scacchi nella quale sono coinvolti giocatori ben più titolati di Cervantes, dal viceré don Coloma all’inquisitore De Lorca, partita in cui Miguel rischia di essere una pedina mossa da mani tanto esperte quanto invisibili. Con la penna affilata che ha già conquistato i lettori nel precedente romanzo storico Il vento ci porterà, sempre edito da Piemme, Auriemma conduce i lettori in fuga dai soldati per i vicoli tortuosi di Caller, li accompagna lungo i bastioni a respirare l’odore pungente che sale dal porto e poi, ancora, dietro le porte del convento dei frati Mercedari, dove uno scriptorium che rievoca atmosfere da Nome della rosa è popolato da frati che espiano i peccati della carne e della lama. Due piani temporali si alternano nella narrazione: nel secondo, un anziano Pablo giunto al termine dei suoi giorni ripercorre la sua travagliata avventura al fianco del soldato Cervantes, a beneficio del figlio. Il riannodare i fili del passato per consegnarli in eredità ha il sapore delle grandi storie che sopravvivono grazie alla tradizione orale, ma nel caso di Pablo e di Michele è anche l’occasione di colmare tanti non detti che hanno allontanato padre e figlio, prima che sia troppo tardi. Quello disegnato da Ciro Auriemma è un mondo dominato dagli uomini e dalla loro brutalità. Le donne sono – nelle parole di Eleonora Dulces – educate per essere come anfore: belle e vuote, involucri pronti a contenere e custodire, portare senza essere il bene portato. Subire in silenzio, non avere opinioni, compiacere il padre, il marito, il consigliere spirituale. Voler scegliere per sé può costituire atto di profonda ribellione. La lama e l’inchiostro è un romanzo che trasuda amore per la Cagliari del passato e si avvale di una corposa ricerca storica. È grazie ad essa che la presenza di Cervantes in città, durante una spedizione militare, diventa lo spunto per immaginare una storia in cui si colgono le tracce di un Don Chisciotte in fieri al quale il suo creatore regalerà molto di autobiografico.
di Giovanna Uccheddu