La Ministra del Lavoro Fornero ordini al Presidente INPS di cessare immediatamente l’erogazione dei trattamenti di pensionati deceduti, percepiti dai delegati alla riscossione, incrociando le banche dati disponibili.
E’ ormai diventata di pubblico dominio la manifesta incapacità dei vertici dell’INPS di gestire l’erogazione delle pensioni con la minima garanzia di prevenzione dell’abuso perpetrato da chi non sia titolare delle prestazioni, ma ne usufruisca illegalmente.
Lo scandalo é stato fatto oggetto d’intrattenimento, con qualche feroce derisione, anche di trasmissioni televisive domenicali ad elevata audience.
Da indagini della Guardia di Finanza é emerso – ed é finito in TV, così come il fenomeno dei ciechi in bicicletta – che probabilmente migliaia di furbi, forniti di delega rilasciata da pensionati deceduti, continuano a riscuotere gli importi dei trattamenti previdenziali e assistenziali di persone morte anche da parecchi anni.
La vicenda ci consente un riferimento letterario al personaggio ottocentesco del racconto “Le anime morte” di Nikolaj Gogol, scritto proprio durante un suo soggiorno… guarda caso in Italia.
L’allora Consigliere di Collegio Cicikov aveva inventato il modo di impossessarsi delle utilità derivanti dall’imposta allora esistente in Russia e riferita a ciascuno dei servi della gleba (si chiamava testatico) che avrebbe fatto risultare come domestico alle sue dipendenze.
Questi in realtà non erano altro che nominativi di deceduti tra un censimento e l’altro, non registrati come tali nei libri pubblici; appunto, le anime morte!
Il tentativo non riuscì per l’invidia di alcuni concittadini, mentre il sotterfugio previdenziale dei nostri tempi, perpetrato da decenni, persiste e come!
Almeno fino a quando carabinieri e finanzieri riescono a scoprire la magagna dopo lunghe e costose indagini, fatte di appostamenti agli sportelli, sequestro di quintali di documenti cartacei ed altri strumenti di prova degni delle investigazioni dell’epoca in cui un poliziotto, in missione in Sicilia dagli Stati Uniti Joe Petrosino, cercava in improbabili schedari cartacei i precedenti penali dei mafiosi.
La cosa non è nuova nel nostro Bel Paese – che dire dei medici di famiglia che riscuotevano la quota capitaria di assistiti passati a miglior vita – caratterizzato oltre che dall’irriducibile evasione fiscale, anche dalla rapina diffusa della contribuzione previdenziale obbligatoria.
Essa viene raccolta – é bene sempre ricordarlo – esclusivamente con la retribuzione differita dei lavoratori per l’accantonamento delle risorse necessarie al sostegno nella vecchiaia, risorse che hanno natura e finalità proprie e per questo sono aggiuntive al prelievo fiscale.
Evidentemente nel Super-INPS, nessuno sembra che abbia avuto cognizione – come si dice in termini burocratici – della possibilità della dirigenza di adottare le pronte misure idonee a garantire l’efficace amministrazione di tali risorse, senza bisogno della Guardia di finanza sguinzagliata a posteriori a caccia di furfanti.
Né Presidente-Commissario super prorogato, né Direttori generali plurimi o dirigenti di Servizi centrali, nessuno di loro si é mai preoccupato d’intraprendere, nell’ambito delle proprie funzioni manageriali e nell’interesse dei lavoratori contribuenti, una qualsiasi forma di verifica.
Nessun tipo di controllo di efficienza é stato esercitato – manco a dirlo – dal Ministero del Lavoro o dai Collegi dei Sindaci o dai Consigli di Amministrazione o di Sorveglianza a maggioranza sindacale, cioè dalla sconfinata filiera pubblica alimentata dalla previdenza sociale italiana.
Ci vuole una denuncia del cittadino invidioso, come ai tempi di Cicikov, oppure – come qualche sprovveduto ha avuto il coraggio di affermare a difesa dell’Ente previdenziale – deve esserci qualcuno che deve denunciare all’INPS il decesso del pensionato che ha rilasciato la delega? Altrimenti chi lo comunica all’Ente erogatore il venir meno del presupposto legale all’esercizio della stessa da parte di chi va a ritirare la pensione allo sportello?
Nessuno dell’INPS si é accorto che non siamo più né all’epoca di Cicikov, né a quella di Petrosino e nemmeno a quella più recente, che appare ormai antidiluviana, dell’obbligo dei Comuni di comunicare i decessi all’INPS, affinché esso se ne serva per ridurre la spesa previdenziale indebita.
La verità é che, nell’età dell’incrocio in tempo reale delle banche dati a regime di evidenza pubblica o accessibili con codici di identificazione delle Anagrafi comunali con le risultanze degli archivi dei titolari di pensione dell’INPS o del Casellario Centrale dei pensionati – a quando i dati sul web? – qualsiasi funzionario dell’ente abilitato può effettuare un riscontro dell’esistenza in vita di ciascun cittadino e determinarne la cancellazione dagli archivi dei pensionati, se deceduto.
E’ chiaro e fattibilissimo in ogni momento, sempre che un qualsiasi dirigente INPS, con un minimo d’iniziativa manageriale, avesse impartito l’indispensabile ordine, ma nessuno fin’ora si é preso la briga di farlo.
Vuole, alla buon’ora, la Ministra del Lavoro disporre che una task force dell’INPS, guidata da uno dei suoi dirigenti generali “di missione” presso il Super ente, faccia cessare immediatamente l’abuso previdenziale con pochi clic?
Salve sempre le responsabilità per danno erariale da omissione di atti, almeno sul piano della palese incapacità dimostrata dai detentori del potere decisionale nell’Istituto.
A cominciare dal suo Super-Presidente, prorogato dal Governo per le doti di manager privato in prestito al “pubblico” ma tanto lontano dalla percezione della reale efficienza del modello organizzativo INPS da volerlo addirittura “clonare” (vedi l’intervista a pagina 16 del Sole 24 ore di venerdì 27 aprile 2012) in altri apparati per la riforma della Pubblica amministrazione.
Figuriamoci che Welfare all’italiana verrebbe “disegnato” dalla spending review in atto nel maggiore ente previdenziale italiano per la razionalizzazione organizzativa e la riduzione dei costi.
Con un’inefficienza e un’irresponsabilità gestionale tali, da pagare le pensioni perfino alle anime morte.
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LETTERA AL “SOLE 24 ORE”
Roma, 30 aprile 2012
Egregio Direttore,
la concomitante pubblicazione sul Sole24ore di venerdì 27 aprile dell’intervista al Presidente del maggiore ente previdenziale “Per la spending review cloniamo il modello INPS” e di una lettera al giornale “A caccia di pensioni decedute” m’induce a presentarle pubblicamente una domanda da sottoporre, se crede, ai suoi preparatissimi collaboratori in materia di previdenza: “L’incrocio delle banche dati anagrafiche dei Comuni, anche senza attenderne la comunicazione, con gli archivi del Casellario centrale pensionati – a proposito, perché non pubblicarlo sul web per ragioni di trasparenza – non avrebbe consentito al massimo manager privato in prestito al pubblico alla guida dell’Ente, di prevenire in tempo reale gli abusi, evitando di ricorrere a posteriori alla lunga e dispendiosa caccia ai furbi?
Se questo e possibile, perché non lo si fa, invece di proporre boriosamente clonazioni per la riforma della Pubblica amministrazione?”
Ricorda, egregio Direttore, “Le anime morte” di Gogol? Ci volle una denuncia per far desistere ed allontanare il Consigliere di Collegio Cicikov!
Forse qualche manager pubblico dovrebbe aggiornare gli attrezzi del mestiere, sempre che ci siano!
La ringrazio per l’attenzione e con la massima stima.
Tommaso Testa