Se potessi avere mille lire al mese cantava Gilberto Mazzi negli anni Trenta. La lira italiana è divenuta la valuta ufficiale italiana sin dall’unità nazionale (1861), attraversando tanto il periodo monarchico che repubblicano, fin quando nel 2002 è stata sostituita dall’euro, moneta comune degli stati europei che l’hanno adottata. Pare che il termine lira abbia un’origine greca e che fosse utilizzata come unità di misura e per agevolare i traffici commerciali già nelle popolazioni preromane della penisola intorno al V secolo a.C. In epoca romana la sua denominazione sarebbe evoluta in libbra, ma con la nascita delle lingue gallo romanze avrebbe finito per perdere la “b”. Storicamente il primo utilizzo della lira come unità di conto risalirebbe all’’VIII secolo, mentre il primo conio avvenne nel 1472 da parte della Repubblica di Venezia. Negli anni e decenni successivi anche il Ducato di Milano, la Repubblica di Genova, il Ducato di Firenze e il Ducato di Savoia coniarono lire, mentre le prime banconote italiane furono emesse nel Regno di Sardegna il 26 settembre 1745. Nonostante le varie emissioni ufficiali, la lira continuò ad essere utilizzata essenzialmente come unità di conto, coesistendo con altri sistemi monetari almeno sino al XVIII secolo: continuarono a circolare, per esempio, lo zecchino, il fiorino e il grosso. Pur essendo in uso in diversi stati preunitari, la prima volta che assunse il carattere di valuta nazionale fu nel 1806, sotto il regno napoleonico, che introdusse anche il sistema decimale e divenendo interscambiabile col franco francese. Con la fine del Regno d’Italia di Napoleone (1814), la lira rimase in circolazione solo nel Ducato di Parma e nel Regno di Sardegna. Nel corso dei moti rivoluzionari del 1848 Lombardia e Veneto (dove fu istituita la Repubblica di San Marco) coniarono la lira (per la prima volta chiamata italiana), ma le valute furono dichiarate illegali con la restaurazione austriaca. I governi provvisori di Toscana ed Emilia, prima dell’annessione al regno sabaudo, coniarono le proprie lire intorno al 1860. Nel 1861 il neonato Regno d’Italia la adottò come valuta nazionale, decisione poi confermata nel 1946 dalla Repubblica Italiana. Al momento dell’unità nazionale Cavour, allora capo del governo, volle la nascita di una banca centrale e di una sola moneta, che prendesse il posto delle valute preunitarie, secondo un modello di centralizzazione del sistema bancario avviato in diversi stati europei. Tuttavia il progetto di Cavour – che morì in quello stesso 1861 – fu avversato da vari esponenti governativi, compreso Francesco Ferrara, ministro delle finanze del governo Rattazzi, tanto che venne accantonato, per essere varato solo nel 1926, quando la Banca d’Italia divenne l’unico istituto di emissione. Proseguì, invece, il disegno di unificazione monetaria, definitivamente ratificata il 24 agosto 1862, quando furono messe fuori corso le altre monete circolanti nella penisola. L’avvento nel dopoguerra delle Comunità Europee portò al varo nel 1979 del sistema monetario europeo (SME), con l’obiettivo di ridurre la variabilità nei tassi di cambio fra le diverse valute nazionali, agevolando così l’integrazione economica degli stati membri. La lira uscì dallo SME nel 1992 a causa di una grave crisi finanziaria, per poi rientrarvi nel 1996. A partire dal 1999 fu avviato il processo per l’introduzione dell’euro, stabilendo il cambio fisso con la lira, fissato al valore di 1.936,27; lo stesso anno cessò il conio di nuove monete e la stampa delle banconote in lire. Il 1^ gennaio 2002 l’euro diveniva la valuta unica per i paesi aderenti, mentre la lira – dopo una breve fase di transizione – perse corso legale alla fine del mese di febbraio. Coloro che fossero in possesso di vecchie monete o banconote in lire possono comunque chiederne la conversione in euro, presentando le valute presso gli sportelli della Banca d’Italia, secondo le prescrizioni del cosiddetto Decreto Monti n. 201 del 7 dicembre 2011.
di Paolo Arigotti