La violenza digitale contro le donne, in particolare attraverso pratiche come revenge porn, sextortion e deepnude, si sta intensificando con l’avvento dell’intelligenza artificiale (AI). Quest’ultima ha infatti reso la creazione di contenuti pornografici falsi un’operazione estremamente facile, rapida e alla portata di tutti, minacciando la sicurezza e la dignità delle donne su scala globale. Questa evoluzione tecnologica solleva interrogativi critici sui limiti di applicazione dell’AI e su come essa possa essere utilizzata in modo costruttivo per combattere la violenza di genere.
Il quadro normativo vigente offre una protezione parziale. Il revenge porn, ad esempio, è considerato reato in Italia dal 2009, ma la legislazione fatica a tenere il passo con l’evoluzione della tecnologia. La diffusione non consensuale di materiale intimo online è in crescita, coinvolgendo spesso anche minori e utilizzando contenuti espliciti a scopo di estorsione. Varie organizzazioni stanno lavorando per supportare le vittime e sensibilizzare l’opinione pubblica, ma i casi di violenza digitale continuano ad aumentare su quasi tutte le piattaforme social.
Le statistiche rivelano una predominanza maschile tra gli autori di questi reati, con una demografia che spazia dagli 11 ai 60 anni. Questa tendenza è confermata dal numero di casi registrati dalla Polizia Postale, che mostra un aumento allarmante dei casi di sextortion. Le vittime di tali crimini hanno ora a disposizione strumenti come il vademecum del Garante per la privacy e il servizio Take it Down di Meta, lanciato per il Safer Internet Day, per cercare protezione e prevenire la diffusione di materiale privato, anche se ovviamente queste protezioni non garantiscono una protezione a trecentosessanta gradi delle donne.
Il problema, negli ultimi anni, si è aggravato con l’uso dell’AI per la creazione dei deepnude, falsificazioni che oggi rappresentano la grande maggioranza dei contenuti falsi online e che vittimizzano quasi esclusivamente le donne; come accaduto ultimamente in Belgio è molto facile per una donna ritrovare proprie foto modificate ed utilizzate per adescare altri internauti. Questa pratica non solo diffama e umilia le sue vittime ma le espone anche a rischi legali e a violazioni della privacy. La diffusione di profili falsi, o catfishing, facilitata dall’AI, costituisce un altro fronte su cui le donne devono difendersi, spesso trovandosi vittime di truffe sentimentali e finanziarie.
Gli strumenti tecnologici esistenti offrono qualche forma di difesa, ormai la maggior parte delle piattaforme social e di incontri utilizzano algoritmi (più o meno efficaci) in grado di individuare profili e foto false. Tuttavia, la lotta contro la violenza digitale richiede un approccio più ampio e coordinato a livello internazionale. La proposta di una nuova direttiva europea rappresenta un passo avanti significativo nella criminalizzazione di pratiche come i deepfake a sfondo sessuale, ma affrontare questo tipo di crimine richiede una cooperazione internazionale, data la natura transnazionale della rete.
Il percorso per denunciare questi crimini è spesso complesso e scoraggiante per le vittime. La nuova direttiva europea sulla violenza online contro le donne, che dovrebbe essere approvata il prossimo aprile, mira a semplificare questo processo, armonizzando le leggi degli Stati membri per offrire una protezione uniforme. In parallelo, è essenziale aumentare la collaborazione internazionale per affrontare efficacemente un fenomeno che non conosce confini. Solo attraverso un impegno congiunto sarà possibile contrastare la violenza digitale e garantire un ambiente online sicuro per le donne.
di Massimiliano Merzi