LAVORO: UN’IDEA SEMPLICE PER CAMBIARE

Riflettevo sulle proposte elaborate dalla Cisal  fin dal novembre 2010  ed approvate all’unanimità dall’ultimo Consiglio Nazionale.
E riflettevo in particolare sul fatto che esse poggiano tutte su un’idea di fondo, forse neanche originale, ma forte, semplice e rivoluzionaria ad un tempo. L’idea della corretta collocazione nel “sistema Italia” della componente lavoro.
Perché di questo si tratta: reinterpretare ed assumere il lavoro quale fattore socio/economico essenziale, non solo, ma di pari dignità e di pari valenza rispetto a tutte le altre componenti socio/economiche e produttive del Paese.
Non sembri un’idea campata in aria, né una semplicistica utopia, perché a ben riflettere rappresenta invece la chiave di lettura per un approccio corretto ai tanti problemi “di lavoro”via via accumulatisi nel tempo e fin qui affrontati esclusivamente in un’ottica contingente e per di più conflittuale. Un’ottica forse anche vincente fino agli albori dello scorso secolo, ma oggi sicuramente inadeguata, di vago sapore “passatista” e comunque inefficace alla luce dei fatti.
Riconosciuto al “conflitto”  il merito di aver consentito la conquista delle libertà fondamentali nell’800 e dei diritti nel ‘900, non possiamo continuare ad ignorare che gli anni 2000 hanno inaugurato il “secolo delle responsabilità” tanto individuali che collettive.
Responsabilità che non si possono né assumere, né esercitare se uno dei soggetti (o delle componenti collettive) cui quelle responsabilità fanno capo, continua ad essere considerato e definito (e purtroppo ancora lo è) “più debole“.
Ovviamente non sto ipotizzando la…”repubblica di Platone”, ma la mia intelligenza si rifiuta di ritenere legittimo o addirittura equo un contratto di lavoro in cui uno dei due contraenti sia “per tabulas” la parte contraente più debole”!
Definivo “non nuova” l’idea di fondo su cui poggiano le proposte della Cisal. E’ vero. Non è nuova non solo perché ne sono permeati da sempre l’intera dottrina cristiana, oltre che innumerevoli trattati sociologici, ma soprattutto perché la troviamo affermata ed espressa a chiare lettere nella nostra Costituzione.
Mi riferisco a quelle norme cosiddette non immediatamente precettive la cui attuazione, cioè, è stata improvvidamenterimessa (il tempo trascorso giustifica il termine) dal legislatore costituente al legislatore ordinario. Quest’ultimo non solo ha “tradito” il mandato. Ma quel che è più grave, ha consentito l’affermarsi ed il consolidarsi di situazioni di fatto del tutto improprie e comunque non conformi al modello socio/economici disegnato dal Costituente.
Rimanendo nell’ambito del lavoro e con riferimento agli articoli 1, 3, 39 e 46, ad esempio, c’è qualcuno che possa obiettivamente affermare che l’ordinamento giuslavoristico vigente garantisca una effettiva “pari dignità” tra capitale e lavoro?  O che siano realmente assicurate a chiunque (in ogni campo,nella vita, nello studio, nell’impresa, nel lavoro,appunto) “pari opportunità” in partenza?  O che nella cosiddetta “società civile” tutti gli “attori” specie se decisionali siano anche protagonisti responsabili?
Credo proprio di no, purtroppo, mentre sono convinto che le “riforme” che nel tempo si sono succedute abbiano sempre (oso sperare inconsapevolmente!!!) tralasciato di affrontare e risolvere il problema “a monte” di ogni problema: la garanzia della pari dignità tra contraenti. In ogni campo, ovviamente, ma per quel che ci interessa in questa sede, nel campo del lavoro.